Discreto film sull’amicizia. Da un lato, c’è un giornalista affermato di un quotidiano di prestigio che, cercando una storia da raccontare sulle colonne del proprio giornale, si imbatte nella più incredibile. Dall’altro c’è la vicenda dolorosa di un violoncellista di talento, ridotto a barbone dopo aver abbandonati gli studi per una forma terribile di schizofrenia. Tra i due nascerà un rapporto serio e problematico: problematico innanzitutto per il giornalista, interpretato da un ottimo Robert Downey Jr, combattuto tra il trattare il caso umano come semplice scoop giornalistico e implicarsi con il dramma di quest’uomo distrutto dalla malattia fino a diventarne amico. E’ questo il cuore del film, il dramma della libertà di Robert Downey Jr.: sporcarsi le mani con la vicenda carica di mistero del musicista Nathaniel o lasciar perdere? Abbracciare l’altro (e tutti suoi problemi, ma anche l’incredibile, sconfinato amore per la musica) o stringere la propria misura? Nella decisione lo aiuterà anche l’ex moglie, collega al giornale. Film interessante, anche perché mostra con un certo realismo l’altra faccia dell’opulenta America, raramente vista al cinema: i quasi 90.000 senzatetto di Los Angeles, gente rovinata dai propri errori ma anche ferita dalla malattia e soprattutto dall’indifferenza del cittadino comune. Joe Wright ha buon gioco nel raccontare il rapporto tra Downey e Jamie Foxx, interprete di Nathaniel e, partendo dalla vera vicenda del giornalista Steve Lopez, non nasconde anche il lato buono della metropoli: i tanti lettori che, provocati dall’articolo, si metteranno in moto per dare una mano al violoncellista perduto. Tutto bene, con un bel finale positivo, ma aperto all’imprevisto. Due note negative: qualche semplificazione di troppo nella sceneggiatura, con la presenza di alcuni personaggi che andavano approfonditi (oltre alla ex moglie del protagonista anche la sorella di Nathaniel e soprattutto il maestro cristiano di violoncello) e i virtuosismi frequenti e inutili di Joe Wright, dietro la macchina da presa. Dal regista di Orgoglio e pregiudizio e Espiazione, ci saremmo aspettati un po’ più di sobrietà e aderenza all’oggetto.,Simone Fortunato,