Dal romanzo autobiografico di Augusten Borroughs, un film divertente e tragico al tempo stesso. È la storia di una famiglia che scoppia, con un lui (un efficace Alec Baldwin), padre alcolizzato e in fuga da se stesso e lei (una strepitosa Annette Bening), madre frustrata, isterica, con velleità artistiche. In mezzo un quattordicenne, Augustin che finirà parcheggiato nella famiglia folle del più folle dei folli, il dottor Finch (un’altra grande prova di Brian Cox). Insomma siamo dalle parti de "I Tenenbaum" a cui il regista guarda sia per quanto il taglio surreale della narrazione sia per quanto riguarda l’ambientazione anni ’70. Non tutto scorre e il film soffre dei troppi personaggi messi in gioco, spesso troppo calcati o poco utili nell’economia narrativa (il personaggio di Hope, interpretato Gwyneth Paltrow appare accessorio), danneggiati tra l’altro da un doppiaggio poco funzionale come nel caso del personaggio di Neil, interpretato da un irriconoscibile Joseph Fiennes. Ma altre cose funzionano: il dramma del protagonista, adolescente inquieto e senza maestri, in preda a una confusione sentimentale, sessuale, morale, vera vittima di genitori in fuga o ripiegati su stessi; la prova di Evan Rachel Wood, la bellissima Natalie, in un ruolo difficile. Più di tutti però, in un film sconnesso e non sempre calibrato, vale il grido del ragazzo protagonista che suona come un giudizio pesantissimo su una modernità sintetizzata da una madre femminista, di aperte vedute, lesbica e, quando non disturbata mentalmente, sempre pronta al dialogo e sollecita nel coprire le bravate del figlio: voglio delle regole, voglio il coprifuoco. Voglio una famiglia. Possibilmente normale.,Simone Fortunato

Correndo con le forbici in mano
La storia vera dell’infanzia travagliata di Augusten Borroughs e del rapporto travagliato con la madre psicotica.