Sono passati soltanto quattro anni dall’uscita di L’evocazione – The Conjuring, eppure attorno alla bambola Annabelle (che in quel film faceva la sua prima comparsa) è già venuto a crearsi un piccolo universo narrativo che pian piano si ingrandisce sempre più. Se in Annabelle ci era stato mostrato il passato della bambola in seguito messa al sicuro dagli esorcisti Ed e Lorraine Warren, stavolta assistiamo addirittura alla sua creazione.
L’artigiano che ha realizzato la bambola è Samuel Mullins, un uomo che conduce una vita mite in campagna insieme alla moglie e all’adorata bambina. La figlia, neanche a dirlo, muore dopo pochi minuti dall’inizio del film. Stacco, dodici anni dopo: i signori Mullins accolgono nella loro grande casa un gruppo di orfane accompagnate da una suora, che sono in cerca di un posto dove stare dopo che l’istituto in cui vivevano ha chiuso. Tra loro c’è Janice, una ragazzina dall’animo buono che, affetta da poliomielite, ha difficoltà a camminare: impossibilitata a giocare all’aperto con le compagne, Janice ha molto tempo per curiosare dentro casa, ed è così che si avventura dove non dovrebbe, scoprendo la bambola Annabelle. A partire dal ritrovamento, la vita dai Mullins si trasformerà in un incubo per il gruppo di ragazze.
Il film, per quanto coinvolgente e divertente, ha una trama piuttosto prevedibile, priva di idee brillanti; al confronto, in Annabelle si riscontrava uno sforzo maggiore di stupire lo spettatore anche a livello narrativo, oltre che registico.
Soprattutto la storia qui presenta alcuni buchi narrativi, forse causati da tagli realizzati in post produzione: ad esempio, non è chiarissimo il motivo per cui i Mullins decidono di accogliere le orfane, nè si capisce che utilità abbia il personaggio del prete (non si è mai visto scomodare un prete in un film horror solo per fare l’autista). Un’altra scena in apparenza senza senso è quella in cui suor Charlotte mostra al signor Mullins una foto che la ritrae insieme a delle consorelle, ma c’è da scommettere che l’episodio avrà un legame con l’altro spin-off di The Conjuring di prossima uscita, dal titolo The nun (protagonista il demone-suora di The Conjuring 2).
Allo sceneggiatore Gary Dauberman, firma di entrambi i film di Annabelle, va comunque riconosciuta la raffinatezza con cui, sul finale, riesce a legare i due capitoli (regalandoci anche una comparsa della vera bambola che ha ispirato la storia).
Alla regia figura invece lo svedese David F. Sandberg, “astro nascente” del genere, esploso negli scorsi anni con il corto Lights out, che ha poi generato il lungometraggio omonimo riscuotendo un buon successo. Lo stile registico risente qui chiaramente dell’influenza di James Wan, produttore nonché ideatore della saga originaria, che ha preso Sandberg sotto la sua ala. Quello di Sandberg resta comunque un approccio differente al genere horror, che tende a mostrare molto di più fin da subito e a fare un uso piuttosto massiccio dei “jump-scares” per intrattenere. Alcune scene ricordano inoltre La madre di Andrés Muschietti, regista peraltro dal percorso simile a quello di Sandberg.
Pur costituendo nel complesso un film perfettibile e di per sé dimenticabile, Annabelle 2 si colloca su un buon livello nel panorama del genere, come d’altronde lo sono state finora tutte le pellicole generate da The Conjuring: un risultato per nulla scontato che fa ben sperare anche per gli altri prequel, sequel o spin-off che verranno, se saranno realizzati dalla stessa squadra.
Avviso al pubblico: finito il film, aspettate le due scene a metà e alla fine dei titoli di coda.
Maria Triberti