Esordio alla regia di Andy Muschietti che sviluppa un suo cortometraggio, Mama, uscito nel 2008. È prodotto da Guillermo Del Toro e si vede: confezione impeccabile, Jessica Chastain protagonista, ottimi comprimari. Si vede anche nell’incipit di grande efficacia: in piena crisi economico-finanziaria si consuma il dramma di un uomo in fuga letteralmente verso il nulla con le due figliolette. Colpo di scena, piuttosto sorprendente, e si arriva ai giorni nostri: la Chastain è Annabel, cantante in una band musicale e compagna di Lucas, artista e zio delle bimbe scomparse. Ritrovate le bimbette in un capanno, isolate dal mondo e dalla civiltà, i due giovani con gran fatica e con la collaborazione del dottor Dreyfuss (Daniel Kash) cercano una difficile convivenza con le due ragazze selvagge.

Spunto interessante ma purtroppo non gestito al meglio dall’acerba regia di Muschietti che dirige un film a metà tra il thriller soprannaturale e l’horror classico con gli elementi tipici del genere, in primis la casa infestata da una presenza. Non mancano i buoni momenti: l’ambiguità delle due bimbette selvagge mette inquietudine, anche per l’interpretazione verosimile delle due giovanissime attrici, così come è accettabile la gestione della suspense e dei colpi di scena da parte del regista. Meno bene invece quando si imbocca la strada, trita e ritrita, del soprannaturale, della possessione e dell’oscura presenza che infesta la casa e la vita dei protagonisti. Qui il regista, che sceneggia assieme a Neil Cross e alla sorella produttrice Barbara, gioca facile riprendendo un filone abusato come l’horror di matrice giapponese di The Ring e dintorni con protagonisti presenze femminili legate in qualche modo al mondo reale e al solito, immancabile L’esorcista, ma non riesce a sorprendere lo spettatore con trovate di regia davvero spiazzanti, mostrando i maggiori problemi in una sceneggiatura che perde per strada qualche personaggio (il dottore, la zia) e non approfondisce il punto più originale del film: il rapporto violento e al tempo stesso protettivo tra “la madre” e le bimbe. Si viaggia insomma con il pilota automatico calcando molto la mano su un finale fracassone e poco coerente con il registro del film che fino a qualche momento prima aveva cercato la strada del melodramma e puntando tutto sul carisma scenico della Chastain. Brava, ma decisamente più a suo agio con personaggi più sfaccettati e profondi.

Simone Fortunato