Horror più che discreto, prequel del bel L'evocazione – The Conjuring di James Wan che qui produce affidando la regia al suo fido direttore della fotografia, John R. Leonetti. Il film, nello stile e nella narrazione segue da vicino le cose migliori di The Conjuring , ovvero una confezione impeccabile e insolita per un horror, che almeno negli esempi recenti, mostrava una forma impresentabile, sciatta e approssimativa. Qui invece si avverte una grande attenzione alla messinscena, assai curata e verosimile nell’ambientazione vintage anni 70; un uso della luce e degli spazi suggestivo con una sequenza almeno, quella in soffitta, di grande effetto e ampio spazio lasciato agli artifici classici del genere. Una colonna sonora efficace, una gestione della suspense che in un paio di sequenze (i vari oggetti stregati della casa e l’entrata in scena del prete) centra l’obiettivo. Leonetti non ha il talento di Wan, è più che altro un buon impaginatore e la sua storia – l’ennesima variazione della casa infestata – è poco originale ma ci mette molto mestiere e non si rifugia nelle facili scorciatoie, fatta eccezione per una risoluzione della vicenda un po’ grossolana. Come già nel film precedente, si crea inquietudine e tensione senza grossi effetti ma spesso utilizzando con intelligenza la macchina da presa (i brevi ma numerosi piani sequenza), facendo ‘parlare, per così dire, oggetti inanimati e spesso immobili, come la bambola protagonista che per la maggior parte del film è una bambola davvero che non si muove né comunica in alcum modo. Insomma, senza la complessità anche tematica e religiosa del film di Wan, Leonetti porta a casa il risultato facendo leva sulle paure più nascoste e oggettivandole nella storia (la setta di Manson che fa capolino diverse volte) e in situazioni di difficoltà e fragilità: la gravidanza con complicazioni della protagonista, per dire. Soprattutto, ha il merito di non raccontare baggianate sul male che cerca di scavare nel modo più essenziale e verosimile possibile: il male è persistente, non si può distruggere perché non è stato creato. Bisogna essere vigili per contenerlo il più possibile come ricorda la didascalia e l’immagine finale che fa da ponte al film di Wan. Al di là di un finale debole e di qualche manierismo di troppo, un horror discreto e realistico interpretato da un cast solido alle prese più che con strane creature o malefici strani ed esotici, con demoni manipolatori che seducono e ottenebrano la mente cercando con l’inganno di vincere una battaglia per l’anima in cui, secondo la dottrina cattolica, risultano già sconfitti da sempre, ancora prima dell’inizio del tempo.,Simone Fortunato