Un architetto romano va in giro per Roma alla ricerca dei luoghi della sua gioventù. Due fidanzati americani si trovano alle prese con un’amica sciroccata della ragazza, che si inserirà nel loro rapporto. Una giovane americana si innamora di un giovane avvocato italiano e gli vuole presentare i genitori, in arrivo nella Città Eterna. Il padre di lui fa il becchino ma ha doti canore insospettabili (ma solo sotto la doccia). Un uomo qualunque diventa all’improvviso popolarissimo e assediato dai media. Una coppia di freschi sposi rischia di naufragare nelle spire tentacolari della peccaminosa città…,Dopo Londra, Barcellona e Parigi, non poteva mancare la tappa di Woody Allen a Roma (tanti anni fa ci fu un suo film in parte veneziano, Tutti dicono I love you). Da quando ha lasciato cinematograficamente l’amata Manhattan – ma sembra che stia per farvi ritorno – in cerca di finanziatori europei, il regista un tempo formidabile di film come Io e Annie, Zelig o Crimini e Misfatti continua l’altalena ormai ventennale tra buoni film (comunque lontani dai suoi capolavori migliori) a opere più modeste. Degli ultimi anni i film migliori sono Match Point e il recente Midnight in Paris. Stavolta, invece, si torna alla mediocrità, e forse mai come stavolta la delusione è forte. Ma per To Rome with Love, almeno i critici italiani hanno deposto la consueta simpatia nei suoi confronti e sono fioccate severe critiche, soprattutto per l’accumulo insopportabile degli stereotipi sui romani (a cominciare dal vigile occhio della città nell’incipit, doppiato da un Pannofino la cui voce suona meglio con la faccia di Clooney) e sugli italiani in genere: rimorchiatori folli, sempre con l’idea fissa del sesso, del mangiare o del bel canto e così via. Aggiungendo vizi più moderni, come l’ossessione della popolarità televisiva e, in parallelo, la follia dei mezzi di comunicazione.,A dir la verità, in questi stereotipi si annida comunque qualche sprazzo di (moderato) divertimento, e d’altro canto non è che lo sguardo su inglesi e soprattutto spagnoli e francesi fosse sociologicamente più aggiornato. Il vero problema è che Woody stavolta ha diretto con la mano sinistra e, soprattutto, scritto la sceneggiatura in assenza di ispirazione. Il variegato cast, con americani e anglosassoni affiancati da uno stuolo di attori italiani la cui star è Roberto Benigni, funziona abbastanza bene: il problema sono battute e situazioni cui sono costretti gli interpreti. Si sono lette considerazioni troppo severe sui vari Antonio Albanese, Riccardo Scamarcio, Flavio Parenti, Alessandro Tiberi, Alessia Mastronardi, Monica Nappo ecc., tutto sommato spigliati (sfortunati quelli come Parenti costretti a doppiarsi, cosa che agli italiani riesce sempre male) se consideriamo che si trovavano di fronte a un maestro che poteva intimidire. Professionali gli stranieri Judy Davis, Alec Baldwin, Penelope Cruz prostituta di buon cuore e molto in parte i due giovani Ellen Page (Juno) e Jesse Eisenberg (The Social Network), in un episodio che ricalca le classiche nevrosi alleniane aggiornate ai tempi e al target giovanile. Il povero Benigni è quello peggio utilizzato, con battute infelici (“io sono solo il signor coglione qualunque”) e vicende così stiracchiate che impediscono al comico di utilizzare la propria verve. Ma sono troppo rari i momenti divertenti, le battute sono troppo banali o troppo studiate per lasciare il segno, e troppo frequenti le cadute di ritmo se non di gusto (per noi vecchi ammiratori dell’antica eleganza alleniana, è un colpo al cuore l’indugiare su alcune espressioni scurrili), mentre gli episodi sono slegati, diseguali, poco interessanti e caratterizzati; e quello più “incisivo”, il cantante sotto la doccia, è troppo tirato in lungo per risultare un paradosso convincente. Fosse l’opera di un regista che si sta formando si potrebbe avere maggior magnanimità, ma da un “maestro” non si possono accettare certe sciatterie.,Ultimo accenno: Woody Allen ci ha sempre conquistato anche con l’uso di colonne sonore ricche di suoni jazz, di swing accattivanti, di musiche suadenti. In To Rome with Love – a parte Nel blu dipinto di blu e Arrivederci Roma, un po’ troppo insistite – siamo perseguitati dall’inizio alla fine da un motivetto che sembra uscir fuori da un B movie anni 70, con tanto di sospiri femminili… Woody, Woody: ma che hai combinato? ,Antonio Autieri