Un oscuro indagare è il titolo di uno dei racconti più noti e riusciti dello scrittore cult dello sci-fi Philip K. Dick (Blade Runner, Total Recall, Minority Report alcuni dei titoli di film tratti da suoi libri). Vi si concentrano tutti gli elementi più rappresentativi dell’opera di Dick con quel di più di consapevolezza autobiografica che non guasta: la paranoia, la critica dell’autorità, la dissociazione schizoide dell’identità del protagonista, l’impossibilità di distinguere realtà e illusione (grazie anche a una buona dose di quelle droghe lisergiche che andavano per la maggiore nella California degli anni Settanta). La fortuna di Dick al cinema ha, per così dire, ragioni “cromosomiche”, legate al dna delle sue opere, che sono innanzitutto delle “visioni” ad un tempo lucide e allucinate, delle proiezioni nel futuro di paranoie sociali e individuali del presente. La precisione a tratti inquietante dei vaticini di Dick ha prodotto negli anni quello slittamento, che da autore di fantasiosi (e, diciamocelo, mal scritti) libri di fantascienza pop lo ha tramutato in idolatrato profeta e oscuro indagatore del postmoderno. ,L’operazione con cui Richard Linklater (“School of Rock”, “Waking Life”) accosta il mondo immaginifico dello scrittore americano è interessante per molti aspetti, anche se quello di cui si è parlato (e si parlerà) di più è la controversa tecnica del rotoscope con cui il film è realizzato. Questa, che per alcuni è una cifra stilistica accattivante, per altri una soluzione fine a se stessa, consiste nel girare il film con il metodo tradizionale, con attori, scenografie e tutto il resto, per ritoccare in un secondo momento l’intero film, un fotogramma alla volta. Il risultato è una sorta di cartoon in cui i volti delle star (Keneau Reeves, Winona Ryder, Robert Downey Jr.,Woody Harrelson) sono riconoscibili ma si muovono in scenari stranianti e interagiscono molto realisticamente con le loro allucinazioni. Alla domanda “come mai ha scelto il rotoscope?” Linklater dà due risposte: la prima è onesta anche se poco romantica: “un film normale sarebbe costato, con gli effetti speciali, venticinque milioni di dollari: così siamo rimasti sotto gli otto”. La seconda invece è “lo spirito dickiano dell’intera operazione” e cioè il fatto, straniante anche per lo spettatore, di “lavorare su due realtà: con il rotoscope infatti giri due film, c’è quello live che abbiamo realizzato ad Austin e a cui, una volta girato e montato, abbiamo applicato l’animazione”. Il risultato di questa fatica titanica (cinquecento ore di lavoro per realizzare un solo minuto di film) è affascinante dal punto di vista estetico, anche se alla lunga può estenuare lo spettatore meno caparbio. La storia, contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare, è una fiction da divano (quello da cui i quattro amici drogati si alzano di rado): fiumi di chiacchiere deliranti, alla Tarantino per capirci, e pochissima azione. L’inabissarsi del protagonista nei gorghi della sua psicosi è reso tramite un graduale cambio di segno nei toni della conversazione: da un inizio surreale ma divertente si va verso un’introspezione sempre più tenebrosa e disturbante. Ma la vera chicca del film è la colonna sonora quasi interamente firmata Radiohead, la rock-band più dickiana in circolazione. Da non perdere la bellissima “Black Swan” dei titoli di coda.,Eliseo Boldrin,

Un oscuro scrutare – A Scanner Darkly
In un futuro prossimo (fra otto anni) il controllo pieno della società sarà possibile grazie alla diffusione di un allucinogeno chiamato sostanza D (per i quattro effetti che in inglese iniziano con la D: Dumbness, Despair, Desertion, Death: stupidità, disperazione, dissociazione, morte). Bob Arctor (Reeves) è un infiltrato della polizia nel mondo della droga: spia i propri amici e ne è spiato ma finisce per soccombere ai propri incubi. Una misteriosa agenzia chiamata “Nuovo Sentiero” potrebbe aiutarlo…,