Vincitrice di cinque premi Goya (massimo riconoscimento nazionale in Spagna), la pellicola di Cesc Gay è la storia di due uomini la cui amicizia – perfettamente raccontata attraverso piccoli gesti e frammenti di ricordi – deve confrontarsi con l’incombere della morte di uno dei due a cui un tumore non lascia scampo. Diversi per carattere e storia personale (e perfettamente incarnati da due attori eccezionali) i personaggi di Tomás e Julian sono i protagonisti assoluti di una lunga conversazione in cui con pudore e senza patetismi i due si avvicinano progressivamente al nodo che li ha portati a ritrovarsi.
Tomás si lascia alle spalle, in Canada, una moglie e due figli e, intuiamo, una vita realizzata e quasi “perfetta”; mentre Julian è un attore di teatro spiantato con una ex moglie e un figlio che studia in Olanda, una sorella che gli vuole bene ma lo vede poco e tanti cosiddetti amici che però non sanno o non vogliono stargli vicino ora che ha scoperto di essere “in scadenza”. All’apparenza Julian ha accettato il suo destino (tanto da andare di persona alle pompe funebri per predisporre le esequie) e si preoccupa soprattutto di sistemare l’amato cane Truman; a poco a poco, però, a contatto con Tomás, che lo guarda con stupore e affetto ma evita di esprimere giudizi, Julian rivela la sua fragilità, le sue paure, il desiderio di sentire l’affetto degli amici veri, di essere accolto e abbracciato… E forse anche essere contraddetto nelle sue scelte.
A riempire i pochi giorni che rimangono ai due amici sono gesti quotidiani attraverso i quali i due si ritrovano, ci raccontano per rapidi accenni un passato che non serve conoscere più di così per cogliere l’umanità dei due, non priva di contraddizioni e difetti, ma proprio per questo affascinante e struggente. I momenti di tristezza si alternano a quelli di leggerezza, grazie anche alla bravura dei due interpreti principali che scivolano con ironia sui momenti più dolorosi (o sottolineano la paradossalità di altri, come la discussione con l’addetto delle pompe funebri) ma sanno anche dare spazio al dramma che la prospettiva della morte (e, prima di essa, del dolore e della solitudine) non possono che generare.
Nella pellicola non è contemplata nessuna apertura metafisica ed è chiaro che così l’unico valore in campo resta quello di un’amicizia, unico punto fermo di fronte all’angoscia della morte che sembra non lasciare mai lo sguardo di Julian, soprattutto quando gli aspetti più concreti e umilianti della malattia cominciano a farsi sentire. Il film, asciutto ma coinvolgente, è un viaggio nel cuore dei personaggi, che si svelano a se stessi e allo spettatore attraverso un paziente e realistico gioco di sguardi e parole, in un doloroso e lungo addio.
Luisa Cotta Ramosino