Rock the Kasbah (Id.)
USA, 2015 – 106’
Genere: Commedia
Regia di: Barry Levinson
Cast principale: Bill Murray, Zooely Dechanel, Bruce Willis, Kate Hudson
Tematiche: Guerra, musica, libertà
Target: adulti
Un manager musicale perde anche la sua ultima cantante durante un tour per le forze armate in Afghanistan, ma scopre una ragazza locale dalla voce stupenda.
Recensione
È passato molto tempo da quando Barry Levinson ha vinto l’Oscar per Rain Man, e la riprova è che pur avendo a disposizione un bel cast (ma Murray potrebbe essere anche un po’ più selettivo nello scegliere i copioni) e probabilmente ottime intenzioni umanitarie, Rock the Kasbah è un film a dir poco malriuscito. Il titolo del film, che riprende una famosa canzone dei Clash, ruota attorno alla figura di un produttore discografico e talent scout dalle dubbie capacità (Murray). Lui afferma di avere scoperto Madonna, ma l’unica voce che attualmente ha sotto contratto è la sua segretaria (Zooey Deschanel), che lo supplica di farla cantare, ma che è talmente scarsa che al massimo ottiene di esibirsi in qualche bar di karaoke. Parallelamente il film si sofferma su Salima, una giovane afghana di etnia pashtun il cui sogno è partecipare ad Afghan Star, il talent televisivo che tiene incollato ai pochi televisori tutto il paese. I destini dei due sono destinati a incontrarsi perché Murray accetta di partecipare a una tournée per le truppe americane in Afghanistan, ma la sua segretaria/cantante, terrorizzata dall’ambiente, scappa portandosi via anche la cassa e lasciando Murray a Kabul da solo e senza soldi. A questo punto lo spiantato discografico è aiutato da Merci, una prostituta caritatevole (Kate Hudson) che vive in una roulotte ai confini della base americana e da due improvvisati commercianti di munizioni, che assoldano il protagonista per portare un carico presso uno sperduto villaggio di pashtun (lo stesso dove vive Salima).
Il fatto che Rock the Kasbah sia un film e non un documentario, e per questo sia accettabile un certo grado di inverosimiglianza, è però messo a dura prova dalle incongruenze della storia, vuoi nell’invenzione dei personaggi, che sembrano tutti uscire più dagli sketches del Saturday Night Live che da una possibile realtà, vuoi dalla sceneggiatura i cui snodi risultano spesso incomprensibili (vedi il personaggio di Bruce Willis, uno spietato mercenario che un momento è disposto a uccidere Murray se questi non paga, e pochi minuti dopo gli regala tutte le sue armi perché le dia a gente di cui non si fida). Dopo molti momenti di tedio e moralismo sugli usi e costumi afghani contrapposti all’allegro edonismo americano, e alcune ridicole scaramucce a base di kalashnikov, Salima riuscirà a partecipare ad Afghan Star, cantando una canzone in inglese di un famoso autore di origine greca poi convertitosi all’Islam, e di colpo anche i problemi del paese sembreranno ben poca cosa, visto che tutti si mettono ad esultare nelle strade. Buon per loro, nell’immaginario mondo del regista. Nel nostro mondo, invece, i problemi di Barry Levinson rimangono ancora tutti irrisolti.
Beppe Musicco