Film sbrindellato, caotico, frutto più dell’improvvisazione che di un progetto artistico, il Maradona raccontato da Emir Kusturica ha però dei momenti autentici. E non sono certo i comizi politici disseminati qua e là nel film (insopportabile il comizio di Chavez) e nemmeno le “tirate” di Maradona e compagni contro i soliti noti: Bush-Il capitalismo-Gli Stati Uniti corrotti. E nemmeno memorabili appaiono i deliri maradoniani sulle figure del Che e di Fidel Castro. Quello che colpisce è la resa umana del personaggio Maradona, al di là dello spettacolo e delle regole del gioco nei media. Maradona, così come ce lo racconta Kusturica attraverso immagini di repertorio – non sempre nitide purtroppo – e alcune belle interviste, è innanzitutto un uomo che si è bruciato con la droga (“Che grande giocatore sarei potuto essere, senza la cocaina”, dice a un certo punto e senza neanche troppa ironia lo stesso Diego). Probabilmente Kusturica, dal genio & sregolatezza ai miti politici, è complice di Maradona in tutto e per tutto: guarda con simpatia al folklore che sta intorno al fenomeno del campione, comprese una Chiesa maradoniana consacrata al dio del calcio e una sequenza veramente divertente in un night club dove le ragazze seminude ballano sconsolate davanti un pubblico distratto dai numeri di Diego.

Il tono è partecipato e pieno di affetto, ma un certo punto si fa addirittura commosso quando deve raccontare la famiglia di Maradona. È lo stesso Diego – grato a Dio per averlo salvato da morte certa quando era in coma da overdose – a raccontare con amarezza il suo rimpianto maggiore: quello di non essersi potuto godere le figlie piccole, tanta droga aveva in corpo. Un uomo consapevole della sua miseria che diventa senso di colpa per i tanti sbagli (“Io sono la mia colpa” dice alla fine) che solo grazie alla fedele moglie Claudia è potuto risalire la china, nonostante tutti i tradimenti, tutte le follie e tutti i deliri. È proprio Claudia, con quella faccia non proprio da diva hollywoodiana e il suo carattere schivo a “possedere saldamente le chiavi della fortezza della famiglia” come annota con stupore il regista. E’ lei che, “animata più che da amore, da una vera religiosità” ad accompagnare Maradona dappertutto, anche dopo il divorzio, a scortarlo da vicino con la compagnia delle figlie. Come quella sera, nel night, quando una band attaccò la canzone di Maradona e Diego, grasso e strafatto, salì sul palco a cantare di quella dama bianca che gli aveva salvato la vita, con le figlie che gli saltavano al collo cantando “Papà ti vogliamo bene, sei il nostro campione”. Da notare: nei titoli di coda i ringraziamenti di Kusturica: a Claudia Villafane, l’ex moglie di Maradona, e a Dio.

Simone Fortunato