Non credete ai critici che lo stroncano come “inverosimile”: il film più divertente delle feste di Natale 2007 è Il mistero delle pagine perdute, sequel de Il mistero dei templari. Tornano gli attori del primo episodio, in cui la Dichiarazione di Indipendenza americana era rivoltata come un calzino. I protagonisti sono gli stessi: Nicolas Cage nei panni del cercatore di tesori Ben Gates sempre pronto a mettersi nei guai per la volontà di sfidare luoghi inaccessibili; la bella Diane Kruger, l’ex fidanzata con cui battibecca ma di cui è ancora innamorato; Justin Bartha è il fidato e geniale quanto imbranato Riley, mentre il grande Jon Voight è il padre di Ben e Harvey Keitel il sornione Sadusky dell’FBI. Si aggiungono inoltre due pezzi da 90 come Ed Harris (il “cattivo” Mitch Wilkinson, che accusa l’avo di Gates) e Helen Mirren, la madre di Gates che non parla con l’ex marito da 32 anni. Ma che non si tirerà indietro nell’aiutare, lei studiosa di civiltà precolombiane, il figlio nella nuova avventura.,Che porta i nostri eroi, dopo il preludio storico con l’omicidio Lincoln, dalla Tour Eiffel a Parigi a Buckingham Palace a Londra, dalla Casa Bianca a Washington a una perduta città dell’oro sotto il mitico monte Rushmore (quello con quattro facce di famosi presidenti Usa scolpiti nella roccia). E se in effetti sembra un po’ troppo facile entrare nelle stanze della Regina d’Inghilterra, è anche vero che non è a questo genere di film che si chiede verosimiglianza ma un mix di azione a tutta velocità, ironia e soluzioni tecnologiche, con in più misteri (il Libro dei segreti della storia Usa, che dà il titolo originale al film), indovinelli ed enigmi colti e un pizzico di sentimento. Cose viste e straviste in tanti film d’avventura, si dirà: ma il risultato è più che apprezzabile, regge bene i confronti di genere (più che la serie di Bond, quelle di Indiana Jones – pur se il carisma dei due protagonisti non è paragonabile – e i film di Michael Douglas come Alla ricerca della pietra verde negli anni ’80). Soprattutto, il merito di regia, sceneggiatura e interpretazioni è che qui nessuno si prende troppo sul serio: lo scopo è divertire lo spettatore (e per fortuna!) e non dimostrare la propria bravura ai critici; le trovate sono all’altezza delle aspettative (la migliore: passare con il rosso per farsi fotografare dalla fotocellula al semaforo e far riprendere un oggetto da decifrare; tanto a recuperare la foto ci pensa l’amico hacker) e le battute sono spesso frizzanti. Senza contare che è finalmente un film che possono vedere anche i ragazzi, mancando di battute volgari o situazioni scabrose. Mentre lamentarsi di Nicolas Cage ormai sa di partito preso: convincente in tante commedie quanto bolso nei drammi, in questo dittico di National Treasure (come si intitola negli Usa) ha trovato forse il suo ruolo migliore, e lo serve a dovere. ,
Antonio Autieri