Poteva essere un film drammatico, che si scagliava contro “il malcostume dilagante” e poi finiva in tragedia. Per fortuna, invece, è una commedia, interpretata da attori brillanti (anche se magari ad Argentero e la Cortellesi i panni dei giovani cominciano ad andare un po’ stretti) e con un Paolo Ruffini di cui si gusta anche l’accento toscano, quando non fa il bambinone in un cinepanettone. I tre personaggi sono ex compagni di scuola e fior di professionisti nel loro campo: un giornalista dalla penna fluente, una stimata ricercatrice in campo medico, un giovane luminare della giurisprudenza. Peccato che, dopo anni di gavetta, uno lavori solo per la gloria e gli altri tirino avanti con quattro soldi. In più, appena intravedono la possibilità dell’assunzione, ecco arrivare gli odiosi raccomandati: la giovane e bella moglie del figlio del primario, l’ultima fiamma della figlia del preside di facoltà, la figlia dell’amico del direttore del giornale. Sedotti e abbandonati per l’ennesima volta, i tre amici decideranno di vendicarsi, incrociando però le rispettive vittime, in modo da avere sempre alibi di ferro. Niente di particolarmente eversivo (e comunque anche tra i probi qualcuno sarà disposto a scendere a compromessi), ma ciò che lascia un po’ perplessi è tutto il tono esageratamente ottimistico del film: s’è mai visto un raccomandato che si pente e lascia il posto al più meritevole? O uno costretto a mollare il mestiere che ama ed essere subito contento? Prendiamolo per una favoletta con qualche trovata divertente e un bel cameo di Giorgio Albertazzi, però niente di più, mi raccomando.,Beppe Musicco

C’è chi dice no
Sono tre amici bravi, intelligenti ed eternamente scavalcati sul lavoro da raccomandati che non se lo meritano, decidono di vendicarsi.