A quasi trent’anni di distanza da Sotto il vestito niente, i fratelli Vanzina riaccendono i riflettori sulle passerelle della moda milanese dove già ambientarono il film, diventato quasi un cult, da loro scritto nel 1985. Anche se più che il prosieguo di quel primo episodio (che ebbe un suo secondo capitolo tre anni più tardi con una pellicola non più firmata dai Vanzina) è un’operazione a metà tra il sequel e il remake. Il capoluogo lombardo fa ancora da sfondo alla vicenda che tenta goffamente di ricalcare per contenuti ed estetica il classico thriller alla De Palma. Una giovane modella, la prediletta dell’affermato stilista Federico Marinoni, viene investita da un pirata della strada, ma la sua morte non convince l’ispettore Malerba, che inizia ad indagare negli ambienti della moda milanese. Vengono così svelati gli altarini della “Milano da sniffare”, un collage patinato e stereotipato fatto di locali fashion, depravazioni, alcol e droga. La famiglia dello stilista nasconde relazioni torbide e segreti e durante le ricerche spunta un altro caso di una modella che ha perso la vita anni prima in circostanze misteriose. Intanto il guru della moda recluta una nuova top model da lanciare nell’Olimpo della passerella, trasformando un’anonima fiorista di Stoccolma nella sua nuova creatura sex symbol. Ma anche lei non sembra avere vita facile e quando gli omicidi iniziano a moltiplicarsi risulta evidente che non possa trattarsi di incidenti casuali e il gioco diventa tentare di capire chi possa essere il killer: tutti i personaggi che circondano l’affermato artista hanno un movente, spesso futile, becero e arrivista, dalla sorella al suo rivale passando per il suo amante fino al suo collaboratore. Qualcuno di loro ha un alibi, qualcun altro viene messo fuori gioco andando ad aumentare il numero di cadaveri; tra una sontuosa casa milanese (Villa Necchi Campiglio, già location del recente Io sono l’amore), una villa affacciata sul lago e un’escursione in una clinica privata svizzera, spuntano nuovi indizi e retroscena che non si possono svelare per deontologia “giallista”. Anche perché l’unico elemento parzialmente salvabile del film è il soggetto, che se pur bislacco, ha il merito di prolungare sino alla fine il quesito su chi sia l’assassino. Il resto è una pessima sfilata di brutte cose, da una sceneggiatura mediocre che sfiora il ridicolo a una regia incapace di creare suspence, passando per un recitazione spesso grottesca che riesce a far sfigurare anche l’ottimo Francesco Montanari (il Libanese nella serie tv Romanzo Criminale) e un “piccolo” fenomeno come Ernesto Mahieux. L’ultima sfilata è il sottotitolo del film. Speriamo veramente sia l’ultima.,Pietro Sincich

Sotto il vestito niente – l’ultima sfilata
Una modella viene assassinata a Milano, le indagini dell'ispettore Malerba lo portano a scoprire torbidi retroscena.