Il regista Sam Mendes (American Beauty, Skyfall) porta sullo schermo i ricordi del nonno che combatté in Francia durante la I guerra mondiale (1914-18), attraverso le vicende di due caporali inglesi (interpretati da Dean Charles-Chapman e George MacKay) cui il 6 aprile 1917 (proprio il giorno dell’entrata in guerra degli Stati Uniti) viene comandato di raggiungere il reggimento del fratello di uno dei due. Devono far sospendere l’attacco previsto per l’alba del giorno dopo, che finirebbe in un massacro, dato che i tedeschi hanno mutato le loro postazioni.

Mendes sceglie di far partecipare lo spettatore con la tecnica del piano sequenza (reso famoso da Hitchcock in Nodo alla gola): la macchina da presa segue costantemente i due protagonisti senza soluzione di continuità, per dare l’impressione allo spettatore di seguire passo dopo passo lo svolgersi dell’azione. Una scelta che sembra una vera e propria discesa in un inferno dantesco: il film si apre in un paesaggio bucolico, con una coppia di soldati appisolati su un prato fiorito; mano a mano che la camera allarga la visuale, la scena si infittisce di uomini in divisa e un ufficiale comunica l’ordine. Appena ricevutolo, i due caporali scendono in trincea e ben presto il panorama muta; al verde dei prati e al colore dei fiori si sostituiscono macchie brune del fango che tappezza le trincee e ricopre le divise di uomini esausti, in attesa dell’ennesima carica o della pallottola che può falciarti. Alla pace della natura viene contrapposto l’orrore della guerra di postazione, fatta di assalti, carneficine e perdite tremende di uomini per conquistare anche poche decine di metri di terra. La notizia della missione dei due viene accolta dai vari commilitoni o dagli ufficiali (interpretati da vari attori inglesi famosi) che incontrano con un misto di compassione e ironia, man mano che si avvicinano al punto in cui dovranno abbandonare la sicurezza della trincea per uscire e superare una terra di nessuno cosparsa di crateri di bombe, filo spinato e, naturalmente, disseminata di cadaveri già preda dei corvi e dei topi. Mendes somma a questo l’urgenza del soldato che vuole salvare a tutti costi la vita al fratello, impedendo l’ennesimo e inutile spargimento di sangue.

Qualcuno obietterà che il film è in gran parte (letteralmente) sulle spalle dell’operatore e che Mendes ha approfittato della tecnica di ripresa per dare maggior impatto alla vicenda. Ma 1917 – vincitore di due Golden Globes come mglior film drammatico e miglior regia, e candidato a 10 premi Oscar – resta un significativo viaggio infernale attraverso il caos e la follia, reso ancora più toccante nel vedere i visi innocenti dei protagonisti trasformarsi e trasfigurarsi in una caparbia volontà; fino ad arrivare ad una sorta di collasso finale, a un coacervo senza volto, unendosi agli altri solo come parte del grande scenario della guerra. I due protagonisti svolgono un ottimo lavoro, avendo cura del loro senso di cameratismo e conferendo coscienza e carattere alle loro azioni; con Chapman che incarna l’entusiasmo giovanile e MacKay un cauto (ma non meno significativo) coraggio. La prima guerra mondiale fu uno dei grandi inutili sprechi di giovani vite, un aspetto della storia che il film lascia sullo sfondo, ma senza per questo renderlo meno presente o meno commovente.

Beppe Musicco