Nuova pellicola della regista e sceneggiatrice Rama Burshtein (ebrea ortodossa come la sua protagonista), dopo il bellissimo e toccante La sposa promessa (presentato come questo al festival di Venezia qualche anno fa), Un appuntamento per la sposa sceglie la strada della commedia romantica – pur collocandola all’interno del mondo per noi esotico dell’ebraismo ortodosso e dei suoi riti – per raccontare a modo suo una parabola sulla fede e l’affidamento a Dio. Il titolo originale della pellicola (“attraverso il muro”) si riferisce proprio al “salto” oltre la ragione che la fede richiede. Un salto senza paracadute e senza compromessi, che agli occhi del mondo non può non apparire folle.

Michal ha 32 anni, da 12 ha abbracciato la fede ortodossa: un mondo quasi a parte anche all’interno dell’ebraismo, dove ogni aspetto della vita è regolato secondo le leggi dell’Antico Testamento, gli uomini portano visibili riccioli ai lati del capo e le donne dopo sposate nascondono per sempre i capelli a chiunque non sia loro marito. Da un certo punto Michal di vista assomiglia molto alle single un po’ matte della commedia d’altri tempi, ma nello stesso tempo prende molto sul serio la sua posizione spirituale: è sconvolta, ma non vuole per nessun motivo tornare alla sua vita da single, piena di appuntamenti e delusioni. E decide nonostante tutto di mandare avanti i preparativi della cerimonia sicura che sarà Dio, al momento opportuno, a darle il marito di cui ha bisogno se solo lei avrà  abbastanza fede. «Dio provvederà» .

In una imitazione niente affatto ironica del percorso del patriarca Abramo e affidandosi totalmente alla Provvidenza, Michal sfida il buon senso della gente comune e anche di chi tutto sommato da Dio si accontenta di pretendere molto di meno, continuando a preparare un matrimonio cui manca l’elemento essenziale: un futuro consorte. Anche se chiede a Dio una bella mano, Michal non manca di darsi da fare, tra appuntamenti combinati (per chi non lo sapesse, lo speed date è nato proprio negli ambienti ebraici osservanti), scelta del menù (di fronte ad un organizzatore sempre più affettuosamente perplesso) e pellegrinaggi che le danno l’occasione di rincontrare un amico di gioventù diventato cantante di grido, che potrebbe rivelarsi un’occasione. Michal, però, da Dio pretende letteralmente tutto e proprio questo mirare alto è quello che la rende speciale, anche nei momenti in cui il suo agitarsi ci sembra francamente folle. E alla sua domanda Dio risponderà, con modalità inaspettate e sorprendenti quanto familiari ed amiche.

Il film della Burshtein, forse più anarchico e meno compiuto del suo precedente, ma affascinante nella sua posizione di partenza, è profondamente radicato nella cultura ebraica cui appartiene, con i suoi riti e le sue tradizioni veterotestamentarie a volte un po’ stranianti per il pubblico di oggi. Ma riesce anche a parlare a chiunque nella radicalità della domanda della sua protagonista e nella sua sfida al nostro stanco cinismo.

Laura Cotta Ramosino