Abel ama Marianne, ma non si accorge che lei ama un altro. E quando glielo dice, gentile e brutale, che ama il suo amico Paul e che aspetta in figlio da lui, lo choc è notevole. Come lasciare all’improvviso la loro casa e sapere che si sposeranno a breve. Dopo 8 anni Paul muore all’improvviso, e i due si rivedono al funerale. In breve la passione ricomincia e Abel va di nuovo a vivere con Marianne. Ma ora c’è anche il figlio Joseph, che va in giro dicendo che la madre ha ucciso il padre: perché? Sa qualcosa o lo fa per gelosia, al fine di spaventare Abel e toglierselo di torno? Intanto quella che era la sorellina di Paul, da sempre innamorata di Abel, ora è una giovane e bella donna ossessionata da lui e decisa a conquistarlo, strappandolo a Marianne…

Per Louis Garrel, volto del cinema francese noto anche in Italia (nonché figlio dell’anziano regista Philippe, che si formò alla fine degli anni 60), L’uomo fedele è il suo secondo film da regista, scritto insieme a Jean-Claude Carrière. Un film brevissimo per i nostri standard (un’ora e un quarto) ma densissimo di fatti e parole, ondivago nei toni tanto da risultare spiazzante. Certe scene drammatiche inclinano velocemente al buffo e al comico (con un sottofondo di grottesco), fin dalla prima scena dell’abbandono che vede in pochi minuti il protagonista passare dall’approccio positivo a una nuova giornata a deprimersi per essere sbattuto fuori di casa. Così avverrà in altri snodi (la giovanissima Eve – interpretata da Lily-Rose Depp, figlia di Johnny Depp e Vanessa Paradis – che va nell’ufficio di Abel dichiarandogli, in modo rumoroso e goffo, di amarlo; Marianne che costringe Abel ad avere un’avventura, e magari una storia, con Eve), con il tentativo di attualizzare certe modalità della nouvelle vague cui aderì il padre Philippe che un po’ incuriosisce, un po’ risulta anacronistico e stucchevole. Come il triangolo – grande passione dei francesi – su cui poggia il film, che vede Abel sballottato tra le sue donne, incerto sui propri sentimenti e in balia di quello altrui.

Ma se i vari interpreti, a cominciare da Garrel e da Lily-Rose Depp, sono credibili e funzionano (un po’ meno Letitia Casta, moglie di Garrel nella vita, non del tutto a suo agio in un ruolo che richiedeva maggior talento), molto meno lo è il meccanismo generale, che entusiasma chi vuole vedere a tutti i costi la nouvelle vague ai nostri tempi. Non che sia brutto il film, anzi, e qualche spunto arguto lo regala. Ma il tiramolla – che si conclude con un finale beffardamente conciliatorio – non è esaltante e i 75’ sembrano durare molto di più. Soprattutto, le troppe sequenze con voce fuori campo che riflette sui fatti (i tre personaggi a turno) appesantiscono la narrazione, che invece risulta più intrigane in alcune belle scene senza parole. Senza contare il pre-finale che vorrebbe essere leggero ma è solo goffo, con l’irruzione di Abel in Senato per cercare Marianne. E se il personaggio più interessante è quello del piccolo Joseph, alla fine L’uomo fedele ci sembra solo un discreto film, che difficilmente rimarrà nei nostri ricordi.

Luigi De Giorgio