La strada dell’onestà e del rispetto delle regole è molto difficile. Facile propugnarla in linea teorica, ma è molto più complesso metterla in pratica quando in gioco ci sono i nostri interessi. Questa in sintesi la morale de L’ora legale, nuovo film che vede dietro la macchina da presa e come protagonisti i comici Ficarra e Picone.

Siamo a Pietrammare, paesino (immaginario) della Sicilia in cui governa incontrastato il sindaco maneggione e corrotto Patanè (Tony Sperandeo). In campagna elettorale gli si contrappone Pierpaolo Natoli (Vincenzo Amato), integerrimo professore di liceo il quale ha due cognati baristi: Salvo (Salvatore Ficarra), che parteggia per il vecchio sindaco, e Valentino (Valentino Picone) che lo sostiene con decisione. Un’inchiesta della Guardia di Finanza mette nei guai Patanè. Il risultato è che Natoli viene eletto a furor di popolo (e Salvo sale subito sul carro del vincitore) con le due parole d’ordine della sua campagna elettorale: onestà e cambiamento. Ma è una volta eletto che per Pierpaolo iniziano i problemi. Natoli è un sindaco che le promesse le mantiene. Vuole che le regole siano rispettate da tutti. Quindi i vigili iniziano a fare multe, viene introdotta la raccolta differenziata, vengono inviate le cartelle esattoriali per il pagamento delle tasse, viene chiesto al parroco locale il pagamento dell’Imu su un B&B, viene fatta chiudere una fabbrica inquinante. E soprattutto non fa favoritismi. Neanche ai due cognati che chiedevano il permesso di ampliare il loro chiosco in piazza. L’eccessivo legalismo di Natoli in breve tempo gli si rivolta contro; i concittadini si esasperano e non vedono l’ora di trovare il modo per far dimettere il sindaco e tornare all’era Patanè.  A qualunque costo. Ci riusciranno?

Il quinto film da registi di Ficarra e Picone dopo Il 7 e l’8 (2007), La matassa (2009), Anche se è amore non si vede (2011) e Andiamo a quel paese (2014), è senza dubbio il più riuscito del duo comico. Un lavoro che, senza scomodare il cinema di impegno civile, raffigura anche in modo impietoso le magagne della politica e della società italiana. Tralasciando giudizi e commenti sui giornali di chi considera L’ora legale un film pro Movimento 5 Stelle o meno, molto più semplicemente pensiamo che Ficarra e Picone abbiano voluto mettere in scena un certo malcostume nazionale: la loro attenzione, più che sull’azione del sindaco, cade sul comportamento della gente, che prima invoca l’onestà, poi cambia velocemente opinione quando vengono intaccati i suoi privilegi; dal poter lasciare la macchina in doppia fila al poter costruire abusivamente in riva al mare (senza parlare delle vie preferenziali per parenti di ogni grado).

È un film anche amaro, quello dei due comici siciliani. Si ride certo, ma si esce dal cinema con più di una domanda. La società nel suo complesso non fa una bella figura e i personaggi che Ficarra e Picone si sono scelti non sono certo positivi, anzi. Di Salvo abbiamo detto che prima vota per Patanè, poi sostiene il cognato neo sindaco, ma finisce per essere uno dei suoi oppositori in modo subdolo. Valentino, da acceso sostenitore di Pierpaolo, finisce per abbandonarlo soffocato anche lui dalle troppe multe e regole da rispettare. Il film comunque ha un buon ritmo, non mancano le risate (a nostro giudizio si fa apprezzare di più Picone con la sua misura rispetto a un Ficarra sempre pimpante ma un po’ sopra le righe) e bei camei come quello di Antonio Catania capo dei vigili che soffre nel dover fare multe ai suoi concittadini, di Leo Gullotta nei panni del prete del paese (figura forse troppo banalizzata) e appunto di Tony Sperandeo. Forse è un film un po’ troppo schematico ma, a nostro avviso, è la miglior commedia italiana degli ultimi mesi.

Stefano Radice