Un avvocato di successo, marito fedifrago e soddisfatto sciupafemmine, viene travolto dall’amore per una donna molto più giovane di lui. La passione, sconvolgente, lo strazia: anche perché Sara, questo il nome dell’affascinante donna, si diverte ad infiammarlo e allontanarlo, a concedersi e a non farsi trovare. Finché, inspiegabilmente, lo lascia: e il povero Giovanni, invecchiato di colpo, si lascia andare alla deriva di una terribile depressione…

Arduo resistere dal raccontare gli sviluppi ulteriori (per evitare infortuni ai potenziali spettatori…) del film scritto da Maurizio Costanzo, su un tema a lui molto caro: l’“anima graffiata” (doveva essere questo il titolo) che non si riprende da un grande dolore amoroso. Argomento nobile e interessante, ma sviluppato in modo banale, piatto, poco convinto da un regista su commissione (Di Robilant) e da due attori troppo accademici (il pur bravo Giannini) o irritanti (Francesca Neri) per quanto siano distanti dalla temperatura emotiva che tale storia richiederebbe. In ogni caso, una coppia male assortita, senza alcuna chimica come pur dovrebbe essere se si vuol rappresentare la follia d’amore che scoppia improvvisa e bruciante tra un uomo e una donna. Scene improbabili (l’amore a prima vista, l’abbandono improvviso via cellulare, i rimorsi di lei alla fine), attori sprecati (il bravo Emilio Solfrizzi nella parte dello psichiatra), battute troppo “scritte” o da talk show di seconda serata Tv (non a caso…), dialoghi finti o sentenziosi (“Sara è così: con gli uomini è spietata, una vendicatrice…”; “è difficile dimenticare una donna che ti fa divertire e ti fa piangere”; “la nostra storia deve crescere”).

Insomma, un film freddo, di plastica, già pronto per andare sul piccolo schermo dove troverà la sua degna collocazione tra soap operas e fiction di carabinieri, avvocati, ecc. ecc. E televisiva è la sua anima vera (altro che graffiata…): Per sempre, infatti, non solo è scritto dal reuccio di Mediaset Costanzo, ma è prodotto dalla Rai… Peccato solo che in Italia non ci sia il Raspberry (lampone, ma anche “pernacchia”) Award, che a Hollywood consegnano al film più brutto dell’anno. Questo, tanto per rafforzarne un’ideale candidatura, ha pure il coraggio di finire dalle parti di Ghost prima di un suicidio finale al ritmo di “Because the Night” di Patty Smith (avete presente la sigla di “Fuori Orario” di Rai Tre?)… Raspberry, Raspberry!

Antonio Autieri