Dal best seller di Tracy Chevalier, il film del debuttamte Peter Webber che si è distinto nella stagione americana dei premi con varie nomination ai Golden Globe e agli Oscar. Merito soprattutto di costumi e fotografia (ma anche della protagonista Scarlett Johansson, apprezzatissima in “Lost in translation”), che ricostruiscono alla perfezione quadri, ambienti e stile della pittura di Vermeer. Il quale, trovatosi in casa – siamo a Delft, in Olanda, nel 1665 – una giovane e graziosa “servetta”, la trasforma a poco a poco in sua aiutante, ispiratrice, modella. Scatenando l’ira e la gelosia della moglie appesantita dalle continue gravidanze. Forse nasce anche un tenero e pudico amore tra il pittore e la giovane Griet (che poi scatenerà anche gli appetiti sessuali del ricco mecenate dell’artista), ma se di amore si tratta è solo platonico e impossibile. Ma capace di regalare all’arte un celebre quadro: La ragazza col turbante.,Perfetto nelle ambientazioni e nella capacità di riproduzione visiva (molte scene sembrano “quadri viventi”), oltre che apprezzabile per come fa risaltare la bravura della Johansson, il film cade nella rappresentazione della quotidianità dell’artista (un Colin Firth misurato ma troppo penalizzato da una sceneggiatura che lo lascia indefinito) e delle sfuriate troppo “moderne” con la moglie, ai confini del ridicolo; come pure i muti suggerimenti di Griet al pittore suonano forzati. Ne deriva un film freddo, “bello senz’anima”, anche se a tratti ispirato. Come nella scena in cui per la prima volta la povera e incolta Griet vede un quadro del grande pittore e rimane affascinata e rapita da tanta bellezza.
La ragazza dall’orecchino di perla
L’amore platonico tra il pittore Vermeer e la giovane cameriera immortalata in un suo celebre quadro