Di ritorno in Irlanda per assistere la madre, dopo dieci anni di esilio negli Stati Uniti, Jimmy Gralton viene affettuosamente assediato da vecchi amici e giovani cresciuti nel suo mito. Nel 1921 aveva ideato e fondato, in un paesino di campagna, un locale da ballo in cui i giovani (ma non solo loro) potevano divertirsi ma anche studiare e formarsi una coscienza politica. Un’operazione di indottrinamento politico, comunista, secondo i suoi detrattori a partire dalla Chiesa cattolica e da “governanti” e polizia repressiva. Gralton, leader suo malgrado ormai disilluso, non vorrebbe rimettersi in gioco. E inoltre rivedere la sua vecchia fiamma ormai sposata lo deprime non poco. Ma le pressioni di tanta gente, ma anche l’ostilità degli odiati nemici e pure la speranza di riconquistare la donna amata lo spingono a riaprire il “dancing” e a ricominciare nella sua opera di dare una speranza a persone schiacciate dalla società e dalla Chiesa. Ma il suo tentativo riaprirà gli scontri ,La vera storia di Jimmy Gralton, esponente comunista irlandese che morirà in definitivo esilio negli Usa nel 1945, è raccontata da Ken Loach – che quando si allontana dalla Gran Bretagna del presente è quasi sempre poco efficace – con lo schematismo delle sue opere meno felici. Buoni e cattivi nettamente separati: gli uni belli, simpatici, dotati delle migliori intenzioni e sentimenti; gli altri odiosi, con il ghigno sul volto e pronti a ogni violenza pur di sopire moti di libertà (anche se, da parte cattolica, con qualche riconoscimento al valore dell’avversario). Dove vada a parare il film si capisce dopo pochissimo, e gli intermezzi sentimentali di Jimmy con la bella malmaritata colorano di soap opera – anche qui, come nei suoi film peggiori come Un bacio appassionato – una storia decisamente piatta. Oltre tutto, per quanto il tema della libertà sia ovviamente importante e la creazione del locale come forma di educazione delle classi popolari sia interessante, non c’è mai dietro queste schermaglie sul dancing di campagna il pathos delle sue opere migliori, che toccavano ben altri temi (la povertà, l’alcolismo, la perdita dei figli) e ben altre corde emotive; a parte qualche rara scena che farebbe sperare uno sviluppo meno prevedibile. Senza dire che il protagonista, pur reso bene da Barry Ward, non genera quella simpatia che dovrebbe spingere a parteggiare per lui.,C’è da sperare comunque che questo non sia l’ultimo film del vecchio regista inglese classe 1936: non sarebbe bello veder concludere una filmografia piena di gemme con un film così poco memorabile.,Antonio Autieri

Jimmy’s Hall
La storia di Jimmy Gralton, attività comunista nell’Irlanda degli anni 30.