Festa di compleanno in Puglia. A un certo punto la donna che l’ha organizzata cade a terra, esanime. Un infarto improvviso, e la figlia Adele, venticinquenne che sembra un’adolescente e vive in un suo mondo, rimane da sola. La zia, tornata per la festa, deve tornare in Germania; ci sono altri parenti, ma chi può portare da loro quella ragazza disturbata (gira sempre con un pigiama rosa con orecchie di coniglio)? Ci sarebbe il padre, Aldo Leoni: un noto attore teatrale, 65enne, a un passo dalla rentrèe nel cinema, che però non sa nemmeno che Adele esista. Convocato all’improvviso, va a dire addio alla donna che aveva amato tanti anni prima e si trova una figlia. Cercherà di scaricarla a parenti fuori di testa o attaccati ai soldi, e intanto dovrebbe raccontarle chi è lui; ma non è così facile, né una cosa né l’altra. E intanto incombe il provino a Parigi per il film di Patrice Leconte (che appare davvero nei panni di se stesso…), e così pure l’agente-amante che lo attende per partire.
Anche Alessandro Haber non ha avuto mai grandi occasioni da protagonista cinematografico, eccellendo – in tempi ormai passati, peraltro – in ruoli da spalla; spesso con personaggi nevrotici, insicuri, ansiosi. Il suo Aldo Leoni sembra un compendio di tanti suoi ruoli precedenti, però con il ruolo da interprete principale che si suddivide con la giovane Sara Serraiocco nei panni della figlia che non sapeva di avere (e che lascia post-it rosa su ogni oggetto, e non solo). Aldo è un solitario, ipocondriaco, pauroso, tanto bravo a teatro con il suo Cyrano quanto agitatissimo all’idea del provino in Francia per lo stesso personaggio di Rostand (non conosce molto bene il francese); e peraltro con quel pizzico di cialtronaggine da attore navigato che gli fa dire a se stesso e alla sua agente-amante che in fondo andrà tutto bene; anche se, si dice, c’è il temibile Toni Servillo che aspira alla stessa parte.
Ovviamente l’incontro con Adele sconvolge tempi e programmi: capiamo subito che l’uomo, che si fa convincere a portare la ragazza dalla nonna, non si libererà facilmente di lei, che il viaggio indicato dal titolo – prima per cercare, in giro per la Puglia, un altro parente disponibile e poi il fantomatico fidanzato di lei che si troverebbe in una casa famiglia a Frosinone – sarà una scoperta reciproca. Non certo facile, considerando lo stato mentale della ragazza che si faceva aiutare in tutto dalla madre. E lo stato psico-fisico dell’attore. Immancabili le vicissitudini, anche per i vari incontri che faranno.
Scritto da Nicola Guaglianone, diventato nel giro di pochi anni tra i più affermati sceneggiatori italiani (Lo chiamavano Jeeg Robot, Indivisibili, L’ora legale), su soggetto firmato dallo stesso insieme proprio ad Haber e allo scomparso Tonino Zangardi, il film – diretto dall’esordiente Alessandro Capitani – è una storia potenzialmente bella, seppur non certo originale, ma sviluppata in modo fin troppo prevedibile. E, soprattutto, pur nella brevità con troppe divagazioni a fini turistici (classico difetto di certi film on the road, anche a fini di promozione degli enti regionali finanziatori) o episodi sopra le righe, linguaggio a tratti volgare e simili. Scappatoie da scrittura frettolosa, quasi Guaglianone abbia scritto con la mano sinistra un soggetto su commissione che lo convinceva fino a un certo punto, magari proprio su spinta di Haber che – legittimamente – reclamava un ruolo finalmente importante. E in effetti l’accoppiata formata da lui e dalla giovane emergente Sara Serraiocco (Salvo, La ragazza del mondo, Non è un paese per giovani) è la cosa che funziona meglio: lei regala personalità – di ragazza totalmente inconsapevole della vita ma comunque parecchio maliziosa – a un personaggio che poteva essere scontatissimo, Haber ci mette la sua abilità nel disegnare personaggi che conosce come le sue tasche; e insieme duettano bene, tra litigi e tenerezze che si fanno strada. Qualche grevità in meno e qualche spunto originale in più (senza contare la scarsa credibilità di certe situazioni: finale compreso, ci poteva arrivare in modo meno banale) avrebbero reso un discreto film una bella commedia.

Antonio Autieri