Bella idea tradotta in modo zoppicante da Andrew Niccol, regista di Gattaca, uno dei più riusciti film di fantascienza degli ultimi 15 anni e sceneggiatore di un altro grandissimo film, il profetico The Truman Show. La storia è ricca di fascino e di suggestioni e pare uscita da uno dei romanzi di Philip K. Dick: in un futuro prossimo l'umanità non invecchia mai e ha un'unica grande ricchezza che utilizza come moneta di scambio, il tempo. Niccol, come anche in Gattaca, struttura il film in forma di apologo dove lo scenario, gli oggetti e le situazioni sono metafore evidenti e richiamano le problematiche del mondo reale. Così il tempo è letteralmente denaro, la suddivisione in ghetti “orari”, divisi da posti di blocchi di cemento costosissimi in termini di tempo-vita, dice della contraddizione del mondo occidentale dove a vivere meglio, più a lungo e nei quartieri più sicuri sono i milionari mentre la povera gente è confinata nei ghetti dove deve correre a rotta di collo per evitare che il tempo-vita finisca. Altre belle metafore: i custodi del tempo (il capo dei quali è interpretato da Cillian Murphy, nel ruolo meglio scritto del film), sorta di poliziotti incaricati più che di mantenere l'ordine, di controllare su una gigantesca mappa cittadina che misura, conteggia e intercetta qualsiasi passaggio di ore, minuti e secondi, che non vi siano fughe di tempo da un quadrante all'altro. Belle idee, appunto, che Niccol, a differenza del film interpretato dalla coppia Ethan Hawke e Uma Thurman, non riesce a tradurre in un mondo convincente e credibile. Al di là della scelta discutibile di affidare il ruolo di protagonisti a due attori come Timberlake e Seyfried, piuttosto rigidi e freddi (specie lei), il film risente di tante povertà. In sede di sceneggiatura troppi nodi non vengono sciolti a dovere: il riferimento al padre di Timberlake, che per primo – in un passato nemmeno troppo lontano – aveva osato ribellarsi contro il Potere costituito, cade nel vuoto; i “cattivi” impersonati dai Minute Men sono trattati in modo superficiali e la loro uscita di scena è poco credibile; la giovinezza perpetua dell'umanità rimane uno spunto arguto e inquietante ma non trattato; la stessa svolta action con protagonista la coppia Timberlake/Seyfried, novelli Bonnie & Clyde, convince fino a un certo punto. Niccol, infatti, non ha nelle sue corde l'azione pura e si vede. L'inseguimento in macchina mostra gravi lacune sul versante degli effetti speciali e dice poco in termini di sostanza alla vicenda. Anzi, la seconda parte del film in cui Niccol spinge molto sul versante dell'azione e del ritmo fa a pugni con una prima parte preparatoria, più esistenziale in cui però si avverte una certa fatica ad appassionarsi ai personaggi. Esemplare da questo punto di vista l'uscita di scena di due figure potenzialmente interessanti anche da un punto di vista psicologico come l'amico e la madre di Timberlake, liquidati come semplici elementi di troppo in una vicenda che mette troppa carne al fuoco. Semplicistico nell'evoluzione della vicenda, che a un certo punto diventa una caccia a una sorta di Robin Hood del futuro, In Time è il tentativo interessante per quanto non riuscito di riportare in auge la sci-fi classica. Quella con pochi effetti e tante idee: la scenografia minimalista con automobili che sono tutto tranne che futuribili, riprende l'essenzialità di Gattaca e di The Truman Show, ma l'architettura volutamente esile del racconto mette in luce anche gli intoppi narrativi e la fragilità di troppe figure (il milionario depresso nella prima parte del film; la famiglia della Seyfried) che condizionano la linearità della storia.,Simone Fortunato