Film molto nobile per le tematiche affrontate e anche per il fatto di mostrare un'Africa solitamente ignota al pubblico di cinema, quella poverissima e affamata di N'Dola, il villaggio della Guinea in cui due ragazzini vogliono tornare. Paolo Bianchini, ambasciatore UNICEF dopo essere stato aiuto regista per molti registi italiani degli anni 60 (Bolognini, Zampa e Leone tra gli altri) dirige con grande passione una vicenda umana che vuole essere un omaggio alla tragedia di due adolescenti guineiani Yaguine e Foudé che nel 1999 si nascosero nel vano carrello di un AirBus diretto a Bruxelles con in tasca una lettera da consegnare ai “grandi del mondo” per far conoscere loro la situazione drammatica dell'Africa subsahariana. ,Tante buone intenzioni che però non si traducono in un buon film. Poverissimo nella confezione e interpretato da due ragazzini non professionisti molto incerti nella recitazione, il film è molto approssimativo da un punto di vista tecnico: oltre alla recitazione da filmino amatoriale che coinvolge la maggior parte del cast, vi sono errori vistosi nel montaggio, la fotografia è poco curata e la sceneggiatura, assai didascalica, alterna momenti enfatici – come l'entrata in scena di Padre X interpretato da Francesco Salvi, una sorta di eremita che fa volare sul cielo del Sahara aquiloni con su i volti dei bambini di varie religioni – e tanta inverosimiglianza: non si crede neanche per un attimo alla vicenda dei due ragazzini che camminano per 3mila km attraversando il Sahara per una sorta di emigrazione al contrario. E' vero: il film gioca su una simbologia semplice (il volo degli aquiloni, il calcio come immagine del capitalismo che non dà mai una seconda possibilità, la traversata nel deserto) per parlare ai ragazzi delle scuole elementari e medie a cui è indirizzato ma la forma, in questo caso davvero slabbrata e amatoriale, è sostanza. E quando si mettono sul piatto, finalmente fuori dal didascalismo, i temi forti, il colonialismo ma soprattutto la critica a certe organizzazioni umanitarie che versano soldi in Africa ma non rimangono in loco a costruire a insegnare come spendere quei soldi, si rischia di perdere tanti spunti interessanti in mezzo a inquadrature elementari, musiche enfatiche, sequenze ripetitive. Peccato davvero: con un attore in campo vero (e in effetti quando la Finocchiaro entra in scena il film diventa più gustoso) e una storia più curata, sarebbe venuto fuori un film nobile e bello e per tutti: pubblico cinematografico e ragazzi delle scuole che forse desidererebbero vedere cose belle oltre a sentire tanti (troppi) bei discorsi.,Simone Fortunato