I primi anni del regno di Enrico V sono al centro di The King di David Michôd, nuova produzione Netflix presentata quest’anno nella categoria Fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2019.

Nonostante il tono del film sia sin dall’apertura affine a quello dei grandi drammi storici, nel raccontare la salita al trono di uno dei più grandi re d’Inghilterra il regista si concentra su un dramma strettamente personale, quello del rapporto problematico del giovane principe Hal con il padre e re Enrico IV.
Di indole ribelle e dal progetto politico opposto rispetto alla passione bellica e furiosa che muove il padre, tutte le decisioni del giovane re d’Inghilterra rappresentano una rivalsa nei confronti del genitore, odiato tanto sul piano umano quanto disprezzato su quello politico. Timothée Chalamet interpreta con una certa naturalezza la parte di un monarca all’apparenza freddo e impassibile, ma in fondo fragile nella sua inesperienza e disposto ad ascoltare le parole degli amici a lui più fedeli. Michôd riscrive con taglio più profondo e attuale il carattere del principe Hal, non più soltanto uomo dedito ai divertimenti più che ai doveri di palazzo, ma profondamente diviso a causa della mancanza di una figura paterna: il principe viene colto nel pieno di una crisi esistenziale, e il suo percorso verso il potere sarà anche una vicenda di trasformazione del ragazzo; esorcizzando l’influsso del padre egli dovrà prima imparare a diventare uomo, e solo dopo potrà trovare le ragioni per essere un politico e un leader sicuro delle proprie decisioni.

Se l’idea di privilegiare la componente umana è ben riuscita, il film si prende qualche licenza storica di troppo e arranca nelle parti dedicate alla narrazione degli eventi bellici; per essere l’evento centrale della seconda parte del film la famosa battaglia di Azincourt (1415) è infatti costruita in modo un po’ frettoloso e con un tono eccessivamente dimesso, talvolta sacrificata in favore di dialoghi retorici che non trovano un grande appoggio nella dinamica delle azioni. La carica epica alla quale la prima ora sembrava volerci preparare con la narrazione della nascita e crescita di un leader si spegne perciò con troppa rapidità, tradendo le aspettative dello spettatore verso la possibilità di un finale più equilibrato. Notevole e spassosa la prova di Robert Pattinson nei panni del rivale Delfino di Francia, dipinto come un incapace dal punto di vista strategico e ancor peggio attrezzato da quello linguistico (divertentissimi gli errori di pronuncia dati dalla flessione francese).

Raccogliendo con dignità l’eredità tutt’altro che leggera del dramma shakespeariano, David Michôd riesce comunque a mettere su un buon film, che con qualche lungaggine in meno sarebbe forse risultato più equilibrato, ma che riesce a catturare un lato del personaggio quasi del tutto lasciato nell’ombra dalle precedenti trasposizioni cinematografiche.

Maria Letizia Cilea