Il film di Andrew Haigh, che lo ha anche sceneggiato partendo da un racconto di David Costantine, al Festival di Berlino ha conquistato critica e pubblico, anche grazie alle magistrali interpretazioni di Charlotte Rampling e Tom Courtenay (entrambi premiati con l’Orso d’Argento come migliori interpreti), quasi sempre in scena con poche ma significative interazioni con il resto del mondo. La regia di Haigh (in curriculum la serie HBO Looking e un film, Weekend, sulla nascita di un amore omosessuale), è discreta e coinvolgente, ma non disdegna qua e là di sorprendere lo spettatore con l’uso di stilemi da cinema «horror» per sottolineare il senso di crescente instabilità che porta i due protagonisti fino al limite della rottura. La Rampling, forse in una delle parti più belle della sua carriera, e Courtenay (con Alan Bates e Albert Finney uno dei simboli del cinema inglese degli anni Sessanta, candidato all’Oscar per il suo ruolo ne Il dottor Zivago) si dimostrano capaci di infondere nei loro personaggi spessore ed emozione degni del miglior teatro senza mai perdere in verità e realismo.
La pellicola è costruita nell’arco di una sola settimana, che porta ai festeggiamenti per i loro 45 anni di matrimonio, su una routine messa alla prova da una notizia in se stessa non sconvolgente (il ritrovamento, dopo cinquant’anni, sotto il ghiaccio delle Alpi svizzere della prima amatissima fidanzata di Geoff, morta in un tragico incidente), ma che diventa a poco a poco dirompente perché costringe entrambi i coniugi a rivelare segreti a lungo sepolti e rivedere le proprie scelte di una vita, quelle di tanto tempo prima come quelle del presente. Il regista mette a confronto in modo progressivamente più serrato e drammatico le scelte della giovinezza (spesso decisive rispetto alla vita successiva) con quelle dell’età matura, dove sembra che la libertà abbia uno spazio di azione ridotto e dove invece i due protagonisti si trovano “costretti” a riprovare a conoscersi e “scegliersi”. Il film li accompagna in questo percorso, doloroso e senza sconti, nel corso del quale si riesce ad emozionarsi anche solo riconoscendo la verità e l’onestà con cui è raccontata la quotidianità di due persone avanti con gli anni e costrette a misurarsi con limiti e fatiche che non è sempre facile accettare. Una routine dapprima confortante, che si fa sempre meno facile da rispettare e prevedere, quando ogni gesto, anche il più semplice, si carica di sottintesi, l’intimità fisica diventa difficile o addirittura menzognera e anche quello che si dava per scontato diventa sospetto.
La Rampling lascia che la macchina da presa indugi su rughe e imperfezioni mentre Courtenay regala a Geoff un misto di nervoso mistero, una debolezza capace di attirare e respingere alternativamente la sua sposa posta di fronte a un progressivo disvelamento di segreti, bugie e rimossi. Senza pretendere di dare risposte risolutive o consolatorie, ma anche lasciando spazio alla speranza e al reciproco perdono, il film affida la sua (non) risposta a tante domande agli occhi della Rampling e alle note di una canzone d’amore ambigua come “Smoke gets in your eyes”…
Laura Cotta Ramosino