I tempi cambiano anche al Museo di storia naturale di New York, la realtà virtuale domina, e il sovrintendente decide che le statue di cera e gli animali impagliati hanno fatto il loro tempo: tutto viene imballato e spedito nei magazzini dello Smithsonian di Washington, complesso museale tra i più grandi al mondo, e sostituito da ologrammi e ricostruzioni digitali. Anche l’ex guardiano notturno, che ha fatto carriera ed ora gestisce una piccola impresa (un sempre efficace Ben Stiller), si rassegna a salutare i vecchi amici. Ci sarà ancora bisogno di lui, però, e della sua notturna esperienza maturata nella prima puntata, quando nella nuova sede museale tutti verranno minacciati da un faraone redivivo: venuto a conoscenza dei poteri della magica tavoletta che ridona la vita, l’antico egizio deciderà di sfruttarla per risvegliare le sue armate e dominare il mondo. Che la battaglia abbia inizio.,Proprio a questa battaglia fa riferimento il titolo originale, più veritiero di quello tradotto (ma anche sull’adattamento italiano dei dialoghi è meglio stendere il solito velo pietoso), che celebra come cornice e campo di gioco la ciclopica rete museale di Washington. Un’idea divertente e stimolante che doveva servire da pretesto – si capisce – per una seconda ricognizione nella storia degli Stati Uniti. Il film è rutilante, pieno di gag visive e di effetti speciali, punta molto sulla simpatia del protagonista e sul fascino sprizzante di Amy Adams (già vista in Come d’incanto) nel ruolo di Amelia Earhart. Conta un paio di belle sequenze (la sala della storia dell’aviazione che prende vita; l’ingresso nella famosa foto del 14 agosto 1945 pubblicata su Life in cui si baciano un marinaio ed una donna vestita di bianco) ma, nonostante questi piccoli tocchi, sull’operazione grava un generale senso di stanchezza. Il ritmo è incredibilmente fiacco, i dialoghi verbosi. la sensazione di spreco dilagante. Brutto segno quando si spiegano le gag e si sottolineano le battute: o non ci si fida di quello che si sta dicendo, o si sottovaluta il cervello degli spettatori (in questi termini non è certo una scusante il fatto che i destinatari privilegiati del film siano i bambini). ,Del senso di paternità – faticosamente conquistato nell’episodio pilota dal protagonista – qui non c’è traccia (il figlio di Larry conduce il padre via radio nei meandri del museo consultando le mappe in internet, ma poi sparisce nel nulla a metà film) e le brillanti gag che coinvolgono il pensatore di Rodin, i quadri di Hopper e la gigantesca statua del Lincoln Memorial (una citazione dovuta, nel bicentenario della nascita del presidente) non riescono ad agganciarsi ad una struttura (assente) e pertanto vagano libere e sfilacciate, strappando sì qualche sorriso ma senza avere la tenuta per poter restare negli annali. In chiusura, il messaggio anticapitalista veicolato al film (per cui Larry rinuncerà a tutti i soldi per ripercorrere il brivido dell’avventura che lo rende davvero felice) potrebbe anche essere salutare, ma stona proprio con lo spirito dell’operazione – biecamente commerciale – che ha cercato di spremere il meglio del primo episodio ottenendo il massimo degli incassi con il minimo sforzo. ,Non ci va di infierire con un film che incoraggia lo studio della storia e delle scienze, propone il museo come luogo dove si impara divertendosi e tutto sommato, con i tempi che corrono, può essere preso senza controindicazioni ed effetti collaterali. Se però è il museo del cinema che state cercando, sappiate che è da tutt’altra parte.. ,Raffaele Chiarulli

Una notte al museo 2 – La fuga
Divenuto imprenditore grazie al commercio delle proprie invenzioni, il vulcanico Larry Daley dovrà rivestire i panni di guardiano notturno del Museo di scienze naturali di New York. I pezzi più importanti della collezione, infatti, compresa la tavoletta che dà loro vita di notte, stanno per essere imballati e spediti nel più grande museo di Washington.