È piena di buone intenzioni e meno di originalità questa pellicola palestinese presentata con un certo successo allo scorso Torino Film Festival. Qui, anche se la storia vera del giovane palestinese che cerca il riscatto per sé e la sua gente attraverso il canto ha tutti gli ingredienti per interessare, il risultato, sospeso tra melò, commedia e l’immancabile denuncia dell’occupazione israeliana, procede in modo abbastanza prevedibile: più convincente nella parte che riguarda il nostro eroe bambino che in quella dove è adulto.

Il racconto del gruppo di ragazzini (guidati da Nour, la sorellina di Mohammed: un personaggio molto riuscito) che ricorre ad ogni tipo di espediente per potersi procurare gli strumenti ed esibirsi a feste e matrimoni puntando sulla straordinaria voce del protagonista – capace di commuovere e risollevare gli animi – trova il giusto equilibrio tra realismo e poesia mostrando la realtà difficile della Striscia di Gaza, dove ognuno se la cava come può e i bambini devono subire i soprusi di imbroglioni locali più che dei “cattivi” israeliani. Eppure, ovviamente, è poi la “politica” (oltre all’arretratezza tecnologica dei Territori, dove la corrente così come il wifi funzionano ad intermittenza) a creare i maggiori ostacoli a Mohammed, soprattutto quando adulto deve trovare il modo di superare il confine (che l’Egitto ha chiuso per evitare il traffico di armi) e raggiungere il Cairo, dove ci saranno le audizioni per “Arab Idol”.

La messa in scena del talent in salsa mediorientale funziona abbastanza bene, così come la commedia degli espedienti che il protagonista e gli amici devono nuovamente inventare per ottenere la sospirata partecipazione. Più convenzionale l’ultima parte della vicenda, con l’inarrestabile trionfo del cantante “che porta la speranza al suo popolo”; compreso il finale, dove al volto dell’attore si sostituisce quello del vero Assaf e alle immagini di finzione si mescolano quelle di repertorio. Si spende qua e la qualche lacrimuccia, e non mancano le situazioni comiche ad alleggerire l’andamento di un film che sceglie la strada della speranza e della leggerezza per raccontare una condizione, quella della Striscia di Gaza, dove di certo è augurabile che per risollevare il proprio popolo si sogni di cantare in un talent piuttosto che impugnare un coltello o una pistola…

Luisa Cotta Ramosino