Questa commedia per famiglie campione di incassi in Francia, che il protagonista (attore comico di una certa notorietà) ha firmato come regista e ha basato sui propri racconti di infanzia, è un inno alla forza dei legami familiari, della capacità di sacrificio e delle tradizioni attraverso il paradosso quasi da barzelletta di una famiglia di neri sul bianco delle nevi savoiarde.,Il protagonista Jean-Gabriel è un marito deludente (non riesce a tenersi un lavoro e lascia che sia la moglie a sgobbare per portare a casa la pagnotta), un padre deficitario (arriva sistematicamente in ritardo dai figli per colpa delle sue scommesse, e li riempie di promesse che non mantiene mai), un figlio quanto meno carente (non va mai a trovare la madre, si rivolge a lei solo quando ha bisogno). Eppure, sarà la simpatia del suo interprete, sarà l’autentico affetto e desiderio di essere migliore che vediamo nei suoi occhi, fatto sta che non possiamo non volergli bene, come del resto fanno, con tutte le loro obiezioni, i suoi familiari.,Deve essere questa luce che ha spinto Suzy, l’unica non “di colore” della famiglia, a sfidare i genitori (apprendiamo più avanti che non parla da anni con il padre) per stargli accanto. ,Ed è questa luce che lo anima quando, spinto dalla sfida che la sua bambina (evidentemente la più ansiosa di integrarsi del gruppo) gli pone con la sua richiesta di una “borghesissima” settimana sulla neve, decide di mettersi all’opera, anche se sempre a modo suo. Le avventure di Jean-Gabriel e famiglia potevano ridursi semplicemente a una barzelletta (e qualche volta, è vero, il film si perde in gag simpatiche ma un po’ fini a se stesse), ma il regista riesce nell’intento di farne anche lieve, tenero ma umoristico e mai ideologico apologo di integrazione, mettendo in scena le diffidenze a partire dagli scontri dell’anziana coppia che affitta alla famigliola lo chalet di montagna.,Lei, un po’ razzista ma troppo elegante per dirlo, lui aperto all’incontro con i nuovi arrivati, se non altro perché i figli di Jean-Gabriel (e in particolare il piccolo, che si è messo in testa di conquistare la “prima stella” di abilità sugli sci) lo risarciscono dell’assenza dei nipoti sempre troppo lontani. ,A fare da collante al gruppo c’è sempre la mamma di Jean-Gabriel, vitale e religiosissima, autentica matriarca che conserva lingua e tradizione del suo paese di provenienza e li trasmette ai nipoti come un dono prezioso. ,Pronta a dare una mano (e anche parecchi saggi giudizi), ma non a sostituire il figlio nel difficile ma doloro percorso di presa di coscienza delle sue responsabilità di padre, condizione per riconquistare l’affetto di Suzy. ,Nel frattempo tutta la famiglia avrà modo di trovarsi a casa nell’ambiente montano apparentemente così in contrasto con loro: il figlio maggiore adolescente attraverso un delicato accenno di love story con una bella francesina, il piccolo nel rapporto con l’anziano padrone di casa e la bambina presentandosi (finalmente fiera dei propri capelli crespi che la fanno così “nera”) a un concorso di tradizionalissimi canti di montagna.,Il tema dell’integrazione, desiderata, ma anche temuta e vista come una possibile rinuncia alla propria identità, si ritrova in vari momenti del film, tra cui una divertente scena in un negozio di parrucchiere, dove le antillane si recano nel tentativo di “mascherare” la loro capigliatura crespa con appositi trattamenti (proprio come capitava ad una dei protagonisti di Denti bianchi di Zadie Smith).,La première ètoile è un film di buoni sentimenti, piacevolmente anacronistico (si parla di euro ma pare di essere indietro di vent’anni, all’epoca della giovinezza dell’autore), magari un po’ frammentario, ma alla cui simpatia e “gentilezza” si fatica a resistere. ,Laura Cotta Ramosino,

La première étoile – La prima stella
Jean-Gabriel promette alla figlia che porterà la famiglia in settimana bianca. Il problema è trovare i soldi e poi, chi ha mai visto una famiglia di neri sulla neve?