Dopo due sonore delusioni – gli stucchevoli Alice in Wonderland e Dark Shadows – e dopo diversi anni di film tecnicamente eleganti come La fabbrica di cioccolato e Sweeney Todd ma decisamente lontani dalla profondità dei film migliori, Tim Burton ritrova l'ispirazione con Frankenweenie animazione in stop motion e che è in realtà una rielaborazione dell'omonimo corto del regista californiano. La vicenda avvolta in uno splendido bianco e nero ricalca, con opportune variazioni anche ironiche, quella del Frankenstein di Mary Shelley citata espressamente in una sequenza del film. Victor Frankenstein vive nella cupa, grigia cittadina di New Holland: è l'unico figlio di due genitori preoccupati dal carattere eccessivamente introverso e solitario del ragazzo e ha due grandi passioni. Il suo cane, il simpaticissimo e goffo Sparky, e la scienza. Quando, dopo alcune vicissitudini, Victor perderà l'amato cagnolino, gli verrà in soccorso una memorabile lezione del suo professore di scienze, lo spettrale e geniale (e umanissimo come si vedrà nell'evolversi della vicenda) professore Rzykruski e concepirà il piano più ardito: riportare in vita il suo unico vero amico. Fiaba semplice ma anche profonda, è tecnicamente assai elegante, con una luce e ambientazioni davvero significative. A colpire è senz'altro un meccanismo narrativo assai scorrevole dove le citazioni numerosissime (a un certo punto compare anche una specie di Godzilla) e colte convivono con i temi cardine del cinema burtoniano: la diversità, la solitudine, la mostruosità che è solo frutto dell'incomprensione ma anche l'amicizia tra i due protagonisti e il candore del giovane Victor. Molto curato nei particolari e anche nella rappresentazione fisica dei ragazzini protagonisti – figure spettrali e malinconiche ma dotate di occhi grandi e curiosi – Frankenweenie è da un lato una fiaba classica sul diventare grandi attraverso i momenti cupi della vita, come già raccontato da Burton in Edward mani di forbice e Nightmare Before Christmas, ma dall'altro è una riflessione sorprendente e poetica sulla scienza: un'arte più che una tecnica e in cui gli esperimenti non sono in realtà che un atto d'amore.,Simone Fortunato,