Tratto da un famoso videogioco della Naughty Dog, Uncharted è modellato sui film di Indiana Jones, ma la maggiore differenza rispetto al videogioco è che nel game Nathan è un uomo di mezza età, e come tale porta con sé una lunga esperienza guadagnata attraverso le sue incredibili avventure. Il film invece invece parte dalla storia delle origini, dove veniamo a conoscere Nathan (Tom Holland, sempre più lanciato nella sua carriera di star), un giovane adulto che viene introdotto alla caccia al tesoro da un esperto professionista, Victor “Sully” Sullivan (Mark Wahlberg, anche lui ringiovanito rispetto al videogioco).
Il Nathan di Holland è lo stesso personaggio standard di qualsiasi franchise hollywoodiana contemporanea, e – cosa alquanto fastidiosa – Uncharted inquadra la sua conoscenza delle vicende storiche (in questo caso, i viaggi dei grandi navigatori) quasi come innata piuttosto che acquisita con pazienza in un lungo periodo di tempo e attraverso uno studio ragionato.
Sully recluta Nathan per aiutarlo a trovare un tesoro che è stato nascosto dai membri della spedizione di Magellano nel XVI secolo, che effettuò la prima circumnavigazione della Terra. Coloro che hanno familiarità con il videogioco riconosceranno le linee generali della trama e il modo in cui procede: la coppia, insieme alla cercatrice di tesori Chloe Frazer (Sophia Ali), attraversa il mondo setacciando antichi punti di riferimento e camere nascoste, alla ricerca di indizi che li condurranno a un tesoro costituito da montagne di monili d’oro.
Ma, a differenza del procedere dei videogiochi, il film non crea un fascino intorno alla paziente arte di investigare: Nathan – di cui in un flashback a inizio film abbiamo scoperto il punto debole: la sparizione di un fratello molto amato – usa il suo potere di ragionamento deduttivo per risolvere ogni mistero quasi con la stessa rapidità con cui si presenta. Allo stesso modo, l’azione si muove rapidamente attraverso i vari luoghi. Solo Barcellona, dove i personaggi devono attraversare le catacombe delle chiese che serpeggiano nel ventre della città, sembra avere un ruolo reale nella storia, ma anche qui l’azione è così frettolosa che lo spettatore non riesce nemmeno a provare alcun senso di meraviglia per la storia e tutti i segreti che contiene.
Il film dedica la maggior parte del suo tempo ai suoi personaggi in situazioni di pericolo, ma l’azione è decisamente incomprensibile, e spesso è vista solo come un miscuglio di primi piani di mosse e di armi. Anche la sequenza più ripresa nei trailer, giocata a mezz’aria tra carichi volanti e corpi che cadono, sembra alquanto fine a sé stessa.
A questo fa seguito una raffica di capovolgimenti, non solo tra i protagonisti ma anche tra i loro rivali cattivi, in questo caso Santiago Moncada (Antonio Banderas), il discendente di una famiglia la cui storia intrisa di sangue ha legami con la spedizione di Magellano, e la sua scagnozza, Braddock (Tati Gabrielle), che condivide anche un passato con Sully.
Con tutti costantemente l’uno contro l’altro, non c’è spazio per una vera caratterizzazione. Anche Nathan, la star della storia, alla fine è esattamente la stessa persona di quando è stato presentato per la prima volta. Per molti aspetti, Uncharted sembra poco interessato a vedere i personaggi crescere confrontandosi con i loro presupposti e pregiudizi. Alla fine, non c’è alcuna distinzione significativa qui tra l’avidità degli eroi apparenti e quella dei cattivi, entrambi sedotti soltanto dal fascino inebriante di tesori illeciti.
Beppe Musicco
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