Facile affermare che tutto quello che si poteva dire, e vedere, sulla storia d’amore sadomaso tra il dominatore sofisticato Mr. Grey e l’imbranata Anastasia Steele era già stato abbondantemente esplorato. Quando ci sono in ballo libri da milioni di fan adoranti e due pellicole che hanno portato a casa quasi un miliardo di dollari la critica letteraria e cinematografica può serenamente mettersi dalla parte dell’osservatore impotente.
Il terzo capitolo della saga di E. L. James (qui di nuovo ad adattare il libro è il consorte Niall Leonard che garantisce l’aderenza all’intoccabile originale) parte con un matrimonio sontuoso e un viaggio di nozze in Europa: Parigi sotto la pioggia e la Costa Azzurra, Opera e passeggiate mano nella mano, condite dal solito sesso sadomaso che la pellicola distribuisce con cronometrica precisione e con effetti che ormai rischiano spesso di apparire un po’ comici (la variazione con gelato del classico gioco con il cibo di Nove settimane e mezzo). Dei due protagonisti Jamie Dornan sembra sempre più in imbarazzo mentre Dakota Johnson, che da timida collegiale imbranata si è trasformata in una donna in carriera che con marito dosa a piacimento broncetti, pianti e seduzioni, alla fine poco ha della sottomessa; anzi. Chissà se ci si è messa in mezzo la cronaca, con gli scandali sulle molestie e i movimenti #metoo, ma alla fine il signor Gray sembra essere stato fin troppo addomesticato.
Tolto il brivido di pratiche ormai diventate quasi casalinghe (avere le manette in casa può sempre fare comodo, come viene fuori in un momento di voluta ironia), a mettere un po’ di tensione alla storia ci pensa l’ex capo molestatore di Anastasia (licenziato e da lei prontamente sostituito, qui la risposta al tema del sessual harrassment è semplice e diretta) e le bizze di Christian Grey di fronte alla prospettiva di diventare padre.
Né l’una né l’altra cosa sono raccontate in un modo che uno spettatore senziente possa prendere sul serio, mentre i vari personaggi di contorno vivono quel tanto che serve per riflettere i patemi e le piccole controversie della coppia principale, quasi sempre in scena. Tra musica patinata dosata con cura, case miliardarie, viaggi in jet privato e luoghi da favola, Cinquanta sfumature di rosso abbraccia senza vergogna e senso del ridicolo (ma forse era davvero l’unico modo) la sua natura di guilty pleasure ormai già un po’ superato dalla storia ma con ancora le sue possibilità al botteghino.
Laura Cotta Ramosino