Primo film per la regia di Jasmine Trinca a vent’anni di distanza dal suo debutto da attrice. Passando dall’altro lato della telecamera ha fortemente desiderato ribaltare il suo punto di vista e con questo film ha voluto “fare pace” con la sua storia. Coraggiosamente spinge sul tasto della memoria familiare ed attinge al proprio vissuto introducendoci in un mondo quasi fiabesco.

Il titolo è un omaggio a Marcel Marceau, attore e mimo francese, paese coproduttore che ne imprime un certo fascino, a tratti facendoci dimenticare di essere in Italia, nel Lazio.

Marcel è il nome del cagnolino della madre-artista, da lei venerato e centro di tutte le sue attenzioni mentre la figlia, (una Maayane Conti dal corpo esile e dallo sguardo intenso) in questa “arte del silenzio” resta in attesa perenne di una briciola di attenzione dalla madre.

Marcel! ha il punto esclamativo nel titolo non a caso. È l’unico “personaggio” che possiede un nome, mentre tutti gli altri, umani, hanno solo un “ruolo” all’interno delle loro relazioni: madre-figlia-nonna-nonno-zia, anche il padre, che non è presente fisicamente ma lo è nel perenne ricordo della nonna, è anch’esso una componente importante nella vita di questa preadolescente che cerca la propria identità e nello stesso tempo desidera la felicità promessa dagli spettacoli della madre in un mondo che sembra darle contro. La troverà, forse in una canzone, o in un prezioso momento di intimità, nonostante gli sparuti scatti di ribellione e un gesto estremo.

Il film si presenta a capitoli, aperti da titoletti che sembrano un oracolo d’altri tempi; così come abbiamo già visto l’anno scorso nell’hollywoodiano Pig, il piano di Rob con Nicolas Cage, anch’esso con un animale come protagonista, un maiale da tartufi, anch’esso venerato dal suo proprietario. In Marcel! l’atmosfera è più magica, pur nell’alone di tristezza che non lascia mai del tutto lieto lo spettatore, con nostalgia e rimpianto che fanno da sfondo, come anche in Pig. In entrambe le opere resta un interrogativo sul background dei protagonisti, mai del tutto risolto.

L’interpretazione di Alba Rohrwacher rende molto la forza e l’amore per l’arte che la regista voleva imprimere come riconoscimento alla figura di sua madre, insieme alla dedica finale che resta come un sigillo ad una rielaborazione personale ben fatta. Anche gli altri attori del cast, seppur a volte solo con piccole apparizioni, non deludono.

Lorella Franchetti