Max, canadese che opera come spia per gli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale, conosce la bella Marianne durante una pericolosa missione a Casablanca; i due si innamorano e lui riesce a farla arrivare in Inghilterra dove i due si sposano e hanno una bambina sotto le bombe. Ma un anno dopo i capi di Max gli rivelano che Marianne forse non è chi dice di essere e il mondo di Max crolla…
Premesse interessanti e svolgimento forse un po’ deludente nella seconda parte, per questo film d’amore e guerra diretto da Robert Zemeckis che sfodera un cast di prim’ordine e una premessa intrigante ma poi offre poche sorprese allo spettatore. L’amore nato “sotto il segno del pericolo” tra l’affascinante spia canadese con il cuore in inverno (che per altro si scioglie con una certa facilità, considerate le premesse) e la misteriosa donna francese che dichiara fin da subito la sua abilità nel fingere persino sui sentimenti, dopo una prima parte ricca di azione, si sposta a Londra dove lei si trasforma in una casalinga/mamma perfetta… Forse troppo perfetta per essere vera.
La sezione che si svolge a Casablanca, con la missione che obbliga Marianne e Max a una stretta convivenza, è intrigante e ben raccontata, con ritmo e stile. Il problema del film, girato con abbondanza di mezzi e notevoli capacità tecniche, è che la storia procede per binari largamente prevedibili, indebolendo l’interesse che la sorpresa per un possibile “tradimento” di Marianne avrebbe potuto suscitare.
In un film in realtà già piuttosto lungo (del resto la prima parte “di guerra” si prende giustamente il suo spazio) si sente la mancanza di uno spazio dedicato al personaggio femminile. I due protagonisti sono abbastanza convincenti (più la Cotillard che Pitt, a dire il vero), ma la chimica tra loro resta più dichiarata che sentita e si gioca meno di quanto si sarebbe potuto sulle ambiguità della donna, per non parlare di alcune incongruità di plot che non si noterebbero così tanto se si fosse coinvolti nelle vicende delle due ex-spie.
Dove si vorrebbe dare dramma lo spettatore scorge invece la mano pesante dello sceneggiatore che vorrebbe evocare, specie nella prima parte, mostri sacri come Casablanca. Mentre il racconto resta un compito diligente che riesce ad appassionare fino ad un certo punto, lasciando la sensazione che si sarebbe potuto ottenere molto di più sia in termini di pathos che di suspense.
Luisa Cotta Ramosino