La prima regia di Russell Crowe punta dritto al cuore con un dramma che parla degli orrori della guerra, ma soprattutto del perdono e della paternità, temi profondi al cui servizio l’attore/regista pone una storia per certi versi molto semplice, persino ingenua in alcuni passaggi, ma potente dal punto di vista visivo e onesta nel raccontare il dolore e il tentativo di ricostruirsi una vita. Un modo sincero di celebrare il centenario delle Grande Guerra, lontano dai trionfalismi, ma anche capace di dare spazio al valore dell’onore e del coraggio.,Josua Conor ha visto partire volontari i tre figli amatissimi, decisi a combattere, come lui stesso spiega a un generale turco, non per la terra (del resto la prima parte del film, ambientata in Australia, chiarisce bene che lì problemi di spazio non ce ne sono), ma per un principio. E però finiti nelle spire di uno scontro sanguinoso, una battaglia di trincea costata la vita a decine di migliaia di uomini da entrambe le parti. La morte dei tre, tra i molti “dispersi e senza nome” di quella battaglia, genera effetti a catena nella famiglia di Joshua che entra in profonda crisi spirituale. Di qui la decisione di affrontare un viaggio di oltre 3 mesi verso un mondo a lui totalmente estraneo, una regione in parte occupata dagli Inglesi (che hanno perso a Gallipoli, ma poi vinto la guerra), lembo dell’antico Impero Ottomano in dissoluzione da cui nascerà a breve la Turchia di Kemal Ataturk. Josha è convinto che le sue abilità di “water diviner” (per cui riesce a “sentire” l’acqua che scorre sotto terra e a scavare i pozzi necessari a superare i lunghi periodi di siccità nella sua terra) oltre alle informazioni custodite nel diario di uno dei figli che gli è stato recapitato, gli consentiranno di recuperare i corpi dei suoi ragazzi per riportarli in patria. Inutile dire che il viaggio riserverà al nostro molto di più.,Come l’incontro con una giovane vedova, che non vuole ammettere – a se stessa e al figlio – che il marito è anche lui caduto a Gallipoli, una donna ferita quanto Josha e che forse proprio grazie a lui riuscirà a ritrovare un po’ di pace; o quello con il generale che guidava le truppe contro cui i figli di Joshua hanno combattuto e che ora è impegnato per rifondare il suo paese, un uomo segnato dall’orrore della guerra, ma deciso a difendere l’onore e la Patria anche a costo della vita, un uomo che Joshua dovrebbe e vorrebbe odiare e con cui a sorpresa nascerà un’amicizia.,Sono tante le figure interessanti di questa pellicola, molto affascinante soprattutto negli accostamenti che riesce a creare tra passato, presente e visioni (quella di Joshua a partire dai diari, o in sogno), che però non è priva di difetti nell’alternare forse con troppa facilità i momenti di intenso dramma con quelli di un alleggerimento comico-sentimentale. Nonostante questo non è difficile affezionarsi al suo protagonista, un uomo in fondo semplice (non mancano i momenti in cui il suo approccio da straniero lo fa guardare con un po’ di sufficienza dai suoi interlocutori), ma tenace. È proprio la sua tenacia che convince i militari a consentirgli di cercare i corpi dei figli in una zona in teoria chiusa ai civili; un uomo che riscopre e riaccoglie la speranza proprio in luoghi che a prima vista parlano solo di morte e distruzione. ,Quello di Crowe è un cinema semplice, classico, anche nelle modalità di ripresa, condito da una certa dose d’azione che è evidentemente congeniale sul suo protagonista. Però forse anche per questo capace di raggiungere il cuore del suo spettatore non con complessi ragionamenti, ma con un omaggio sincero e accorato al sacrificio di tanti attraverso un racconto che mette al centro l’uomo e il suo desiderio di felicità e perdono.,Luisa Cotta Ramosino,

The Water Diviner
Prima Guerra Mondiale: un padre parte dall’Australia per andare a cercare in Turchia i suoi tre figli soldati.