È stata una bella occasione, quella di martedì 22 agosto al Meeting di Rimini 2017. Per chi scrive – che ha organizzato e moderato l’incontro – e, crediamo, per chi è intervenuto. Sullo spunto del titolo del Meeting di quest’anno (la frase di Goethe “Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo”) ci siamo confrontati su un tema impegnativo, “Padri e maestri: dal cinema italiano alla Pixar”, con il professor Armando Fumagalli, Docente di Semiotica e Storia e Linguaggi del Cinema Internazionale e Direttore del Master in International Screenwriting and Production all’Università Cattolica del Sacro Cuore nonché consulente di sviluppo per la casa di produzione Lux Vide, e con il regista Francesco Amato, che a 38 anni ha già un curriculum molto ricco su cui spiccano tre lungometraggi tra cui il recente Lasciati andare (poi proiettato con gran successo la sera stessa al Meeting: sala Neri esaurita, grande entusiasmo durante la proiezione, e bel dialogo finale con l’autore). Due professionisti, in diversi campi; due amici, uno di vecchia data e uno di recentissima…

Sulla Pixar ha parlato Armando Fumagalli, che ha scritto anche saggi sulla casa di produzione fondata da John Lasseter, Ed Catmull e Steve Jobs  «Dal 1995 – ha ricordato il docente – la Pixar ha realizzato ben 18 film. Prima di Toy Story era sull’orlo della bancarotta, e in dieci anni passò a valere 7,2 miliardi di dollari, valore dell’acquisto da parte della Walt Disney nel 2005/2006». I film Pixar, ha spiegato Fumagalli, sono divertenti, curatissimi, innovativi in tutti i dettagli, ma anche «in sintonia con una visione antropologica cristiana dell’uomo, pur non essendo film religiosi o predicatori». Lasseter e i suoi collaboratori erano outsider che volevano creare qualcosa di nuovo: fin dal primo Toy Story, non volevano seguire le regole disneyane codificate (buoni sentimenti, il cattivo classico, il protagonista che sa cosa vuol essere nella vita), pur riuscendo a farsi distribuire i film dalla Disney stessa. Peraltro Lasseter fin da bambino era appassionato di Disney, e riuscì a entrarci da giovane, ma la sua idea di fare animazione in computer graphic non fu capita e fu licenziato nel 1983. Nel 2006 ci sarebbe tornato, dopo l’acquisizione della Pixar da parte di walt Disney, non solo mantenendo la responsabilità della sua factory ma anche come capo di tutta la Disney Animation, «che ha contribuito a rinnovare, pensiamo a Frozen».

Nella loro storia si vede il problema di interpretare cosa sia la tradizione e l’eredità: nel suo libro Verso la creatività e oltre, Ed Catmull scrisse che c’era un rischio di sclerotizzazione nelle grandi organizzazioni. Quando morì Walt Disney, per esempio, l’azienda rimase legata al glorioso passato senza cercare di rinnovarsi. «La vita cambia continuamente», ha sottolineato Fumagalli; «bisogna essere capaci di interpretare l’eredità ricevuta in modo continuamente creativo». Un problema che colpì anche la Pixar, dopo l’acquisizione Disney, quando molti temevano di farsi condizionare dal grande gruppo in cui erano confluiti e si irrigidirono nella propria peculiarità. «A Catmull fu chiaro i cambiamenti occorrevano: la vita cambia. Ai collaboratori spaventati dal cambiamento diceva “se non si cambia non c’è vita”». Una bella e gloriosa storia di outsider, un grande gruppo creativo che oltre a Lasseter vede grandi registi come Andrew Stanton, Brad Bird, Pete Docter e altri, «non a  caso tutti cristiani praticanti: ne sono stati fortemente influenzati i loro contenuti, come il fatto che quasi tutti loro siano sposati e con figli e che l’azienda sia impostata in modo che il lavoro non sia tutto ma ci sia spazio e tempo per la famiglia. E quasi sempre i loro film nascono da episodi della propria vita personale e familiare».

Francesco Amato ha invece raccontato innanzi tutto la caratteristica principale di un regista; la scelta: «Si possono fare film senza la macchina da presa, infatti c’è chi usa i telefonini; ma non si possono fare i film senza scegliere, prendere decisioni di continuo, su qualsiasi aspetto, incanalando gli stimoli che arrivano sul set da tutti ». Amato ha parlato molto di sé, della sua formazione da appassionato di cinema, da bambino e da ragazzo (la prima “scintilla” grazie a un ciclo di film in tv curato da Sergio Zavoli), e i primi passi da “narratore” attraverso il regalo di una macchina fotografica, i tanti “maestri” diretti (Francesco Bruni, suo insegnante al Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma) e indiretti, come i grandi registi del passato, da Lubitsch a Truffaut, dai grandi della commedia all’italiana al Woody Allen dell’adorato Broadway Danny Rose. «Ma il primo maestro è stato mio padre, che pur facendo il medico – il medico più simile al regista – mi ha insegnato tanto: da lui ho impara come si fa un ritratto; per lui un’anamnesi, una prognosi, una cura che per un regista vuol dire l’attenzione nel creare un personaggio»..

Cosa può insegnare la Pixar al cinema italiano? I loro principi, ha sottolineato Armando Fumagalli, si possono applicare anche a dimensioni produttive più piccole, rispetto ai loro film dai budget hollywoodiani. Quali sono questi principi? «La storia, che deve venire prima di tutto; il puntare sulla qualità, senza scorciatoie; la capacità di rischiare, con storie apparentemente “impossibili”; la cultura della collaborazione, difficilissima nell’ambito creativo, perché unendo le forze si possono ottenere grandi risultati; infine, il contatto con la gente comune (spesso un vero problema per il cinema italiano) e non avere paura di raccontare le emozioni».

Francesco Amato ruberebbe alla Pixar la capacità di rischiare («il nostro cinema rischia di essere un po’ timido, nel loro lavoro c’è molto coraggio») ma soprattutto la qualità di scrittura e del lavoro sui personaggi, «incredibile in film come Up o Inside Out». O la capacità di raccontare i fragili e gli svantaggiati con spirito positivo. Quanto alla combinazione tra tragico e commedia, tipica nei loro grandi film, è una caratteristica che un tempo era molto forte nel cinema italiano, e che adesso si cerca nella produzione recente di riconquistare; così è stato per Amato con il suo ultimo film, Lasciati andare, proiettato la stessa sera proprio al Meeting di Rimini. Il regista ha concluso il suo intervento con una frase di Italo Calvino tratta da Lezioni americane: “Prendete la vita con leggerezza, che non è superficialità ma è planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”. Aggiungendo: «Credo che questo sia un modo di affrontare non solo le cose del cinema ma la vita. E che il cinema può comunicare”.

Antonio Autieri

Il video dell’incontro: