Lewis Barnavelt, ragazzino di 10 anni, rimane orfano ed è costretto a trasferirsi in Michigan dall’eccentrico zio Jonathan, che si era allontanato dalla famiglia. Lo zio appare subito molto strano e anche sospetto, e la sua casa – casa vecchia e scricchiolante  fatiscente – non è da meno, piena di orologi con oggetti che si muovono e quadri che cambiano aspetto. Senza contare le numerose zucche davanti all’ingresso, come una perenne Halloween. Insomma, non proprio la dimora ideale per un ragazzino, oltre tutto già provato dalla vita. Accanto allo zio si palesa l’altezzosa vicina di casa Florence Zimmerman, con cui lo zio battibecca spesso a colpi di battute terribili vivaci (ma in realtà sono molto amici). Peraltro su quella casa gravano lugubri voci: che sia infestata, perché ci è morto il precedente proprietario? Quando Lewis scopre che era uno stregone, e che anche lo zio e la signora Zimmerman hanno a che fare con la magia, le inquietudini aumentano. Quanto è in pericolo in quella casa? Ma con il passare del tempo – e mentre la mamma gli appare in sogno, anche se a volte per dirgli cose un po’ strane – aumenta la sua curiosità per le stranezze della casa (cui Lewis sembra piacere, gli dice lo zio, come dimostra un’affettuosa poltrona…), anche per via di un divieto troppo facile da infrangere. Che lo zio gli possa insegnare qualche trucco? Ma poi, intrapresa quella strada, non si sa dove si finisca. Soprattutto se si vuole scoprire l’origine di tante stranezze, a partire da un insolito e insistente ticchettio di un orologio che sembra nascosto dentro i muri di casa…

Tratto dal romanzo di John Bellairs e diretto da Eli Roth (il regista di film horror come Hostel e The Green Inferno), che conferisce – senza esagerare – un tono gotico ma anche visivamente molto bello al film, Il mistero della casa del tempo è un divertente fantasy per bambini e ragazzi, che può non dispiacere anche agli adulti, non fosse altro per la simpatia di Jack Black e la bravura straordinaria di Cate Blanchett (incredibile come apporti classe e sensibilità perfino a un film “di genere” come questo) e per la gustosa ambientazione nella provincia americana anni 50. Tra oggetti e piante che si animano, magie e stregonerie, morti che resuscitano e altre amenità, pericoli e spaventi non mancano ma in dosi contenute e quindi sopportabili dai piccoli spettatori, che si divertiranno per il tono da avventura di formazione e apprezzeranno quel giusto tasso di sentimento che non guasta. Ma anche per qualche riflessione che guarda alla contemporaneità, dal bullismo alla famiglia “non di sangue” senza forzature e anzi con una certa finezza. Come nel bel momento in cui lo zio Jonathan è in pena per il nipote, e l’amica Florence – che ha perso a sua volta la sua famiglia – gli ricorda che è inevitabile soffrire per coloro di cui ci si occupa. E se nella parte conclusiva si finisce, come di consueto, nella sarabanda di azioni ed effetti speciali che divertirà i piccoli (magari con qualche spavento in più, quando arrivano prima lo stregone redivivo e decrepito e poi la sua giovane e inquietante consorte) ma potrebbe annoiare un pochino i grandi, alla fine c’è però anche spazio per qualcosa di prezioso. Come il riconoscimento di nuovi affetti che sono sbocciati tra quelle tre persone che si trovano a vivere insieme; affetti che danno la forza di portare il dolore, non solo a Lewis (interpretato dal piccolo ma già esperto e convincente Owen Vaccaro) ma a ogni componente di quella nuova famiglia che si è formata. Un finale che regala, con semplicità, una nota di bellezza e di speranza.

Antonio Autieri