Zhou, appena uscito dal carcere, viene coinvolto in una rissa tra gang in cui un poliziotto viene ucciso. Braccato dalla polizia e dai rivali, trova appoggio in Liu, una prostituta decisa ad aiutarlo pur tra molte incertezze; si possono davvero fidare uno dell’altra? Col passare delle ore, il cerchio attorno a Zhou si stringe e le possibilità di salvezza si riducono…

Dopo aver vinto l’Orso d’Oro a Berlino nel 2014 con Fuochi d’artificio in pieno giorno, Yi’nan Diao torna con un noir-gangster movie che parte in modo lento ma che coinvolge lo spettatore con il passare dei minuti. Ambientato quasi sempre di notte, Il lago delle oche selvatiche segue i tentativi e i movimenti di Zhou (Hu Ge) nel suo disperato tentativo di salvarsi.

Il film alterna ritmi lenti e compassati a improvvise accelerazioni durante le scene di inseguimenti o combattimenti sullo sfondo di una società cinese misera e allo sbando, lontana dalla grandeur economica e capitalista che si può vedere nei tg o in alcuni film. In questo ambiente borderline e ben descritto Zhou si muove insieme a Liu (molto brava Gwei Lun-mei che aveva già lavorato con il regista in Fuochi d’artificio in pieno giorno); il suo sguardo dolente e infelice evidenzia come sia molto difficile riuscire a liberarsi da certe situazioni e a imprimere un nuovo corso alle proprie vite. Liu ci prova, diventando quasi il personaggio centrale del film, e il sorriso finale appena accennato – l’unico che le vediamo fare – lascia intravedere un briciolo di speranza nella desolazione. Il film ha avuto il suo debutto internazionale al Festival di Cannes 2019.