Mentre infuria una battaglia politica per il controllo di un importante distretto di Chicago tra Jamal Manning, un nero dalle frequentazioni criminali, e una storica famiglia di origine irlandese in cui l’anziano boss viene sostituito dal figlio giovane e rampante, un’esplosione fa saltare in aria un furgone, quattro uomini e due milioni di dollari frutto di un colpo. Dei quattro morti, uno è il poliziotto bianco (e corrotto) Harry, la cui moglie (nera) Veronica rimane nella sua elegante casa sola ed esterrefatta dal dolore. E anche piena di debiti e di problemi, quando scoprirà che Jamal chiede a lei i soldi persi nell’incendio del furgone. Unica sua possibile salvezza, come arma di scambio: un prezioso quaderno di appunti che le ha lasciato il marito in un luogo sicuro, dove sono annotati i piani di un futuro colpo. A meno di non decidere di entrare nel gioco, e portarlo a termine lei; magari con l’aiuto delle altre vedove Linda e Alice, rimaste ancora più spiantate. Tre donne (che diventeranno quattro) senza esperienza criminale, ma con tanta voglia di rivalsa.
Dopo gli Oscar di 12 anni schiavo, Steve McQueen si butta con Widows – Eredità criminale in un film diverso, con forte accento di genere tra thriller e action (ma siamo nel sottogenere heist movie), ma con molti spunti e piani di lettura: dalle contrapposizioni tra bianchi e neri (tra ribellione e imprese criminali) al ruolo di un gruppo di donne umiliate e offese in cerca di rivalsa, dalla corruzione politica alla brama di denaro fino al confronto padre-figlio; tra le cose migliori del film, grazie a un sontuoso – come sempre – Robert Duvall, anziano politico che non si vuole rassegnare al declino e disprezza sottilmente il figlio, e a un Colin Farrell che gli tiene testa. Ma c’è anche il “morto” Liam Neeson in flashback, un reverendo nero spregiudicato e ovviamente le vedove, sofferenti e determinate, e ben interpretate da Viola Davis (che regge alla grande il ruolo da protagonista), Michelle Rodriguez ed Elizabeth Debicki (attrice australiana che qui è una vera sorpresa), non casualmente una latina e una donna dell’est. Tre persone ai margini, in modi diversi (Veronica è una privilegiata che in un attimo ha perso tutto) che decidono di reagire. Ma ci saranno tanti ostacoli da superare, soprattutto per Veronica.
McQueen ci mette tutta la sua abilità tecnica, con grande capacità di gestire la suspense e le scene d’azione come i confronti tesi tra personaggi, la violenza feroce (in particolare per opera del personaggio di Daniel Kaluuya, già protagonista di Scappa – Get Out) e la vulnerabilità di donne colpite dalla vita. Il contesto di Chicago è reso al meglio, nelle sue molteplici contraddizioni tra criminalità, collusioni politiche, questioni razziali e disuguaglianze varie. Una scelta felice, nello spostare la vicenda da Londra dove era ambientata la serie tv anni 80 di cui Widows è l’adattamento cinematografico, scritto a quattro mani dal regista insieme a Gillian Flynn (già scrittrice del romanzo Gone Girl e poi sceneggiatrice della trasposizione cinematografica diretta da David Fincher).
Eppure, il meccanismo pur oliato a dovere e ben gestito (ma non mancano anche le incongruenze) lascia alla fine una strana perplessità. Forse Steve McQueen ci ha abituato troppo bene, con tre film precedenti come Hunger, Shame e il già citato 12 anni schiavo per vederlo impegnato in una crime story pur di classe, imparentata con tante (ottime) serie tv. Sembra tutto molto perfetto, professionale ma freddo, tanto che anche i sentimenti forti che pure ci sono appaiono troppo scritti, mai davvero sentiti. Sarà un caso che il giorno dopo la visione stesse già svanendo dalla nostra memoria?
Luigi De Giorgio