Dopo il passaggio in apertura del festival di Torino, arriva nei cinema (pochi, purtroppo) ma soprattutto su Alice Home Tv e La 7 (prima serata 19 gennaio, la sera prima dell’insediamento di Obama) il film diretto da Oliver Stone su George W. Bush. Film controverso, che ironizza non poco sull’ormai ex presidente americano (dal 2001 al 2008): si sa che Stone appartiene al campo dei democratici ed è fiero avversario della politica di Bush; ma alla fine il regista di Platoon e World Trade Center ne dà un ritratto più assolutorio rispetto alle violente accuse accumulate da “W” in questi anni riuscendo così a scontentare molti commentatori che si aspettavano un duro pamphlet alla Michael Moore. ,Oliver Stone, come già nel film su Nixon di qualche anno fa, punta su una rilettura personale ma credibile, artistica ma documentata che parte dai vizi di gioventù (l’alcool, i divertimenti eccessivi) e si gioca molto sul rapporto con il padre George, che gli preferiva il fratello Jeb e vedeva in lui la pecora nera, scapestrata e poco intelligente della famiglia (di fronte ai suoi eccessi giovanili lo apostrofa così: “Chi ti credi di essere, un Kennedy?”). Da presidente, protagonista di un’ascesa cui sembra ostile perfino la famiglia, Bush junior mantiene un’aria naif e grezza (gran mangiatore, pessimo parlatore, rozzo pure con la donna raffinata che lo ama e lo sposa) in fondo simpatica, dove incide nelle sue azioni (e anche nella distanza dal padre, pragmatico e iperrealista) la fede religiosa da “cristiano rinato” che lo salvò dall’alcolismo. E sulla risposta al terrorismo, se è evidente la critica del regista alla guerra in Irak, le responsabilità maggiori vengono addossate allo staff, a partire da un diabolico vicepresidente Cheeney, per proseguire con un inaffidabile Rumsfeld e un’evanescente Condoleza Rice (mentre l’unico “buono” è Colin Powell), con il presidente – spesso inadeguato – costretto a prendere decisioni sulla base di prove false. Non tutto storicamente sarà esatto e ci sono sicuramente dimenticanze strane (si vede poco l’11 settembre e la guerra in Irak), ma l’immagine di repertorio in cui applaudono al suo discorso di entrata in guerra in Irak anche i suoi “nemici” Ted Kennedy, Hillary Clinton e John Kerry ricorda quali fossero all’inizio i sentimenti sul conflitto in America. Ben diversi da oggi. Soprattutto, Oliver Stone sceglie la carta rischiosa ma affascinante di rendere cinema – e in certi momenti, grande cinema: alcune “licenze poetiche” arricchiscono il personaggio di note di umanità e di debolezza che ne fanno un personaggio interessante – quello che è ancora cronaca. Ognuno poi la pensi come vuole sugli otto anni di G.W. Bush alla presidenza degli Stati Uniti. Ma W è un ottimo film, che riesce a centrare i suoi obiettivi cinematografici prima che politici. Oltre allo strepitoso cast (su cui spicca Josh Brolin, strepitoso nella parte del protagonista, ma sono ottimi anche Richard Dreyfuss/Dick Cheeney, Scott Glenn/Donald Rumsfeld, Toby Jones/Karl Rove),Basterebbero alcune scene: le varie schermaglie con il padre, che lo considera al massimo buono per guidare una squadra di football; la lunga discussione con i consiglieri che porta Bush e C. a smarrirsi in un vasto campo e a chiedersi dove sono finiti; la scena finale in cui W lancia in sogno in aria una palla da baseball che non gli torna mai indietro.,Antonio Autieri,

W.
L’ormai ex presidente Usa George W. Bush raccontato da Oliver Stone. Un ritratto grottesco, acuto, schierato ma non fazioso. Un uomo snobbato in famiglia e circondato da personaggi loschi, con sogni e responsabilità storiche più grandi di lui