In un paesino dell'Armenia, la misera toglie un pezzo alla volta oggetti e cimeli (anche la divisa dell’Armata Rossa) a un anziano vedovo. Nel tragitto quotidiano verso la tomba della moglie incontra una vedova (che nel frattempo perde il lavoro nel chiosco che vende vodka): e nasce un gentile e pudico amore sullo sfondo di povertà e malinconia. Ma il tono del film del regista iracheno Hiner Saleem (forse l’unico al mondo ad aver ringraziato l’intervento americano nel suo paese: “Saddam ha assassinato il mio popolo” ha detto al festival di Venezia, dove ha vinto il premio Controcorrente) è surreale più che drammatico, con un umorismo un po’ alla Kaurismaki, con annotazioni divertenti e umanissime, e sceglie la via di un ottimismo non ingenuo nel dare speranza ai suoi personaggi, invece di condannarli alla disperazione. Ma non mancano i giudizi indirettamente politici (Dice il protagonista: “Prima con l'Unione Sovietica non ci mancava niente”. E un amico gli risponde: “Se la libertà per te è niente…”).,Tra le tante figure di contorno, un simpatico e romantico conducente d’autobus che canta Adamo, colonna sonora del film. Un film difficile da raccontare, ma da vedere se non si è programmaticamente chiusi alle visioni di paesi cinematograficamente e culturalmente lontani. Una curiosità: il personaggio dell’uomo che in un diverbio spara al fidanzato della figlia è interpretato da Ivan Franek, già protagonista di “Brucio nel vento” di Silvio Soldini.,