Cosa dire ancora di Paolo Villaggio, scomparso il 3 luglio 2017 a 84 anni, che non si sia già scritto? Magari ricordare ai distratti l’ampiezza del suo lavoro in campo cinematografico. L’attore e scrittore genovese ha sicuramente segnato il cinema e anche il costume italiano con le sue maschere tragicomiche: Fantozzi su tutte, ma anche quelle televisive come Fracchia – quasi un predecessore di Fantozzi, pur se con qualche diversità: ma per certi versi più “anarchico” e geniale – e il professor Kranz, che ricordano solo i meno giovani (protagonisti anche di alcune, ma meno efficaci, avventure cinematografiche). Prima del ragioniere più famoso del cinema italiano, Villaggio aveva recitato tra gli altri in Brancaleone alle crociate di Mario Monicelli (1970), Senza famiglia, nullatenenti cercano affetto di Vittorio Gassman (1972), Sistemo l’America e torno di Nanni Loy (1973), Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno, regia di Luciano Salce (1974), Non toccare la donna bianca di Marco Ferreri (1974) e La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone di Pupi Avati (1975).

Poi arrivò Fantozzi che, da fenomeno letterario di successo (dove Villaggio si inventò un modo di descrivere in modo esilarante e caustico la società contemporanea), fu portato al cinema nel 1975 con il primo film della serie, diretto da Luciano Salce che diresse anche Il secondo tragico Fantozzi (1976) e anche altri film con Villaggio tra cui Il… Belpaese (1977) e Professor Kranz tedesco di Germania di Luciano Salce (1978). In seguito forse qualcosa si ruppe tra l’attore e il suo regista preferito, se i successivi, attesissimi nuovi episodi di Fantozzi non videro più Salce dietro la cinepresa ma il più giovane e “invisibile” Neri Parenti: dopo un primo episodio a quattro mani con lo stesso Villaggio, Fantozzi contro tutti (1980), il regista toscano dirigerà tutti gli altri film della serie (non più tratti dai libri scritti da Villaggio, ma autonomi: e guarda caso, nettamente inferiori), e anche altri film con il comico genovese.

Villaggio, macchina da soldi per il cinema italiano degli anni 70 e 80, non ebbe mai grandi occasioni di andare oltre il registro comico; e forse, pigramente, poche ne cercò. Se a teatro fu Strehler a dargli una grande occasione con un memorabile Avaro di Molière, negli ultimi anni della carriera raccolse alcune importanti occasioni con film diversi dal suo genere: su tutti La voce della Luna (1989), ultima regia di Federico Fellini che gli valse il David di Donatello come miglior attore non protagonista, Io speriamo che me la cavo di Lina Wertmüller (1992), Il segreto del bosco vecchio di Ermanno Olmi (1993, Nastro d’argento come miglior attore protagonista), Cari fottutissimi amici di Mario Monicelli (1994), Camerieri di Leone Pompucci (1995) e Denti di Gabriele Salvatores (2000), spesso utilizzando un registro grottesco che univa le sue qualità comiche a una vena più nera. Forse dovuta a quel profondo, disperato cinismo che mostrava ora con sincero sconforto ora con ribalda e caricata enfasi. Ultimo suo film, il trascurabile Tutto tutto niente niente di Giulio Manfredonia (2012), con Antonio Albanese.

Forse Paolo Villaggio avrebbe potuto mostrare di più delle sue qualità da interprete, se avesse avuto voglia di dimostrarlo, chance dai produttori e un carattere più facile. Ma sarebbe scorretto rappresentarlo come rappresentante di un cinema popolare distante dalle “elite”, quasi a riproporre l’equivoco del celebre, coltissimo episodio del cineforum con tanto di invettiva a un capolavoro del cinema muto, perché come attore ottenne anche premi alla carriera importanti come il Leone d’oro alla Mostra di Venezia nel 1992, il Pardo d’onore  al Festival di Locarno nel 2000 e il David di Donatello nel 2009. Grazie soprattutto alla maschera immortale di Fantozzi, ma non solo.

Antonio Autieri

La celebre invettiva contro La corazzata Cotiomkin (alias Potemkin)

 

Un celebre sketch televisivo con l’altro suo notissimo personaggio, Fracchia