In Vieni come sei, sono protagonisti tre ragazzi disabili; Scotty e Mat sono su sedia a rotelle mentre Mo è un non vedente. Insieme decidono, all’insaputa delle famiglie, di partire dal Colorado alla volta di Montreal per passare una notte di sesso in un bordello che apre le porte a persone con bisogni speciali. In questo viaggio saranno aiutati dall’infermiera-autista Sam…
Vieni come sei, diretto da Richard Wong, è il remake del film belga Hasta la vista! che portava sullo schermo la storia vera di Asta Philpot – affetto da grave disabilità – e del suo viaggio alla ricerca del legittimo diritto alla sessualità. Vieni come sei è innanzitutto un road movie che dal Colorado arriva in Canada, attraversando diversi Stati. Un viaggio durante il quale i protagonisti – che sono attori senza disabilità – cementano i loro rapporti tra momenti di intesa ma anche di forti tensioni. Nei panni di Scotty, il più estroverso del trio, troviamo Grant Rosenmeyer; in quelli di Matt, il più riservato, troviamo Hayden Szeto mentre Mo, il più titubante sul viaggio, è impersonato da Ravi Patel. Infine, l’infermiera Sam ha il volto di Gabourney Sidibe. Vieni come sei affronta, in una classica dramedy, un tema molto delicato come il diritto alla sessualità dei disabili. Il racconto di questo viaggio offre il pretesto al regista e agli sceneggiatori di fare luce su questo argomento e di mettere in scena quanto difficile da affrontare anche da parte delle stesse famiglie. Al netto di qualche lunghezza di troppo nel racconto e di un linguaggio in alcuni momenti un po’ volgare, il film centra l’obiettivo anche grazie alle interpretazioni convincenti dei protagonisti mentre sono più deboli le figure di contorno, a partire da quelle dei familiari di Scotty e Matt. Un film in cui a tratti si sorride ma che è velato da una certa malinconia – soprattutto nella parte finale coincidente con l’arrivo nel bordello – che lo pervade. Un film che merita attenzione in un’estate che sta offrendo poco allo spettatore.
Stefano Radice
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