Tra il 1950 e il 1960 lo scrittore C. S. Lewis è all’apice del suo successo. Tiene le sue lezioni in università e organizza conferenze pubbliche per i suoi affezionatissimi lettori mantenendo toni distaccati e professionali. Il rigore con cui esercita il suo mestiere corrisponde alla sobrietà della sua vita privata, condotta al riparo della propria casa insieme al fratello Warnie. In seguito a uno stimolante scambio epistolare la poetessa americana Joy Gresham, attenta lettrice di Lewis e ammiratrice del suo lavoro, arriva ad Oxford. I due si conosceranno di persona: l’ingresso di questa strana donna nella vita di Lewis sconvolgerà presto i confortevoli equilibri della sua realtà.

Adattato dall’opera teatrale Shadowlands, Viaggio in Inghilterra è una delicatissima storia di educazione amorosa, capace di mantenere toni pacati e allo stesso tempo di coinvolgere lo spettatore nel conflitto esistenziale che lacera il protagonista. Solido della sua fede e sicuro della propria posizione nel mondo, il professor Lewis si rivolge al suo pubblico con modi da predicatore. Mai presuntuoso, ma certo della propria esperienza di fede e dei benefici che la letteratura ha apportato alla costruzione della propria anima, si arma di pazienza e dispensa saggi consigli a studenti e affezionati fan.

La sua integrità è però del tutto apparente, una sorta di corazza dietro la quale egli si nasconde per non farsi toccare dalla forza – talvolta bruta – di quella realtà che così appassionatamente va predicando. E se nelle costruzioni teoriche si asserisce che «Il dolore è il megafono di Dio per risvegliare un mondo sordo», il professore si guarda bene dal sottoporsi a tale rischio, chiudendosi nel proprio guscio di ovatta e restando a debita distanza da qualsiasi coinvolgimento umano. Quando nella sua vita irrompe l’affascinante Joy Gresham qualcosa si spezza; lui si ritrae, infastidito e spaventato dalla potenza di quella che prima è affezionata amicizia, poi attrazione sentimentale e infine vero amore.

Nell’impacciataggine di Lewis si nasconde il desiderio di condividere con Joy il proprio amore e insieme la paura di trovarsi in qualche modo legato a un altro essere umano: il rischio di affidarsi a qualcuno che non sia sé stesso è di quelli per i quali ci si gioca la vita intera, si accetta la possibilità della felicità assoluta come quella del dolore più profondo. Sarà infatti proprio il dolore ad affacciarsi alla vita di Lewis e Joy: una volta dichiaratisi lei scoprirà un male incurabile, lui le starà accanto e nella sofferenza imparerà a godere della bellezza dei singoli attimi, della realizzazione di quei desideri che riempiono il cuore, della necessità di quella sofferenza senza la quale neanche la felicità potrà mai essere piena.

Dove uno strano allievo si ritroverà a dire che «si legge per sapere che non siamo soli», ciò che Lewis imparerà è che «si ama per sapere che non siamo soli»; e per scoprire, con fatica e dedizione, che in ogni momento della vita si è amati di un amore gratuito e grande, talmente vero e profondo da credere che anche nella sofferenza ci sia un bene cui andare incontro. Anthony Hopkins è l’interprete più delicato di questo film: gelido e dal solido portamento inglese, riesce a sciogliere il suo sguardo nei momenti di difficoltà e di struggimento, regalandoci un Lewis più profondamente umano proprio nei momenti in cui si espone alle sue debolezze.

Al suo fianco Debra Winger è sempre posata e insieme penetrante: nelle sue poche parole e nei suoi sguardi profondi la “sua” Joy riesce a leggere quella realtà che proprio nelle sue parti fondamentali sfugge al suo compagno d’avventura. Una complementarietà d’interpretazioni che è poi quella in cui vivono i personaggi stessi, donandosi vita e brio l’un l’altro senza mai scadere nelle romanticherie. Viaggio in Inghilterra è insomma storia d’amore d’altri tempi, gestita con abilità da un Richard Attenborough che, grazie alla perfetta ricostruzione delle atmosfere ingessata dell’Inghilterra anni ’50, dona immortalità e modernità a uomini e donne mai così contemporanei.

Letizia Cilea