Ines, donna in carriera tutta affari e parolone in inglese, ignora il legame con la famiglia, specialmente quello paterno. Finché non irrompe nella sua vita Winfried/Toni Erdmann, uno strambo burlone che ama travestirsi e le mette i bastoni tra le ruote. Ed è suo padre…

Non dev’essere facile avere un padre come Winfried (Peter Simonishek). E forse è per questo che Ines (Sandra Hüller) se n’è andata a lavorare a Bucarest, ben lontano dal papà, insegnante di musica e burlone incallito, che vive in Germania in compagnia di un cane morente. I due non si vedono quasi mai, se non per occasioni comandate, come il compleanno. La morte del cane Willy fa scattare qualcosa in Winfried, che decide di raggiungere a sorpresa Ines a Bucarest per passare un po’ di tempo insieme. Ma la figlia è troppo concentrata sul lavoro – sta seguendo un importante progetto come consulente di strategia aziendale – e il padre, con i suoi scherzi, rischia di rovinarle la reputazione. Così Winfried, finge di ritornare a casa, mentre in realtà assume l’identità e le sembianze di Toni Erdmann, uno strambo individuo con capelloni e denti finti, che si spaccia per il coach dell’amministratore delegato dell’azienda di Ines…

Presentato al Festival di Cannes 2016, Vi presento Toni Erdmann ha già ottenuto in Francia il Premio FIPRESCI (il premio della critica internazionale), i 5 più importanti Premi EFA (European Awards Film, gli “Oscar europei”), ma soprattutto la nomination agli Oscar per il miglior film straniero. A metà strada tra i fratelli Dardenne e Ken Loach, l’ultimo lavoro della regista tedesca Maren Ade mette in scene una storia di incomunicabilità tra padre e figlia, concentrandosi sulla relazione presente e ignorando completamente quelle che ne possono essere le radici e le premesse. Non si sa nulla del perché Winfried e Ines non vadano d’accordo, ma non è quello che conta. È invece il come riiniziare (forse in questo caso iniziare e basta) un rapporto. L’indole burlona e scherzosa di Winfried («è uno scherzo… mi piace scherzare» è una sua frase ricorrente, quasi un mantra) non si incastra con la seriosità e l’ambizione professionale di Ines, che rimprovera al padre di vivere senza una vera direzione. E allora non c’è altra scelta, per entrare in relazione con la figlia, che fingere di essere un’altra persona, che parli, con ironia, il linguaggio da manager in carriera. Mentre lei intuisce che la sola possibilità è, invece, prendere “sul serio” la trovata paterna.

È un film, Vi presento Toni Erdmann, che gioca molto sui silenzi (la colonna sonora è assente), sull’espressività (la prestazione attoriale di Sandra Hüller è impeccabile) e sui non detti dei protagonisti. Spesso la macchina da presa si concentra sui volti, per metterne in risalto i più minimi cambiamenti, smorfie e tic, ottenendo un risultato di raro realismo. Nonostante sia presentato come una commedia, ciò che resta allo spettatore non sono tanto le risate (che non mancano), ma i dialoghi, gli sguardi, gli abbracci (commoventi) e un finale senza retorica né ammiccamenti.

È, forse, anche un film che poteva durare meno (le 2 ore e 40 si sentono), evitando certe soluzioni di cattivo gusto – come la scena dei giochi erotici con i pasticcini – e approfondendo meglio l’interrogativo che Ines pone a Winfried quando viene a trovarla in Romania e che ritorna nel finale: «Ma tu per che cosa vivi? Per che cosa vale la pena vivere?». E che, in fin dei conti, è la domanda al fondo dei loro comportamenti, nonché vero cuore del film.

Alessandro Giuntini