I nostri tre inviati alla Mostra del cinema di Venezia di quest’anno, che si è conclusa ieri sera con i verdetti della giuria, hanno stilato i loro giudizi. Per ognuno i tre film più amati tra quelli passati al festival, in concorso o meno.

Roberta Breda

  1. Quo vadis, Aida? di Jasmila Žbanić. Dalla Bosnia un film che ci riporta alla capacità del cinema di dare volto e anima alle pagine della Storia, spesso poco conosciute o percepite come distanti. Grazie all’interessante punto di vista di una traduttrice e madre di famiglia, il massacro di Srebrenica del 1995 viene ripercorso in tutta la sua drammaticità, tra senso di impotenza e impossibilità di arrendersi all’orrore.
  2. Nowhere Special di Uberto Pasolini (Orizzonti). il regista del toccante Still Life torna ad affrontare con grande delicatezza il tema della morte: un giovane padre, affetto da una malattia terminale, deve cercare una famiglia affidataria per il figlio di quattro anni. Una storia dolorosa che racconta i rapporti umani con sincerità, trovando anche momenti di quotidiana leggerezza. Grazie a una recitazione e a una regia misurata seguiamo la vicenda di chi non smette di chiedersi come accompagnare un figlio a un passo così difficile.
  3. The Duke di Roger Michell (Fuori concorso). Menzione speciale per una piccola e brillante commedia all’inglese, che riesce a essere classica ma non datata, grazie a una scrittura arguta e alle spalle larghe di attori come Helen Mirren e Jim Broadbent. Un divertente caso di realtà che supera la fantasia, con un protagonista fuori dal tempo ma genuino.

Letizia Cilea

  1. Quo vadis, Aida? di Jasmila Žbanić. La storia del massacro di Srebrenica vista dagli occhi di un’interprete ONU riesce a raccontare una vicenda universale attribuendo un tocco estremamente personale e delicato. L’identità di un intero popolo si mescola così con il dramma privato di una donna che è anche madre, moglie e crocevia di informazioni – spesso vitali – da tradurre da una lingua all’altra affinché ci sia un dialogo efficace tra le due parti in campo. Un pezzo di Storia troppo poco raccontato dai libri che ora trova una nuova luce, interrogandoci non soltanto sul significato della memoria, ma anche sulla potenza del linguaggio, dell’amore e della solidarietà tra gli esseri umani.
    2. Dear Comrades di Andreij Konchalovskij. Profondo dramma morale finemente raccontato attraverso eventi realmente accaduti, il film di Konchalovskij ci immerge nelle atmosfere della Russia anni 60 e interpella i suoi protagonisti indagando la tenuta di un’ideologia coercitiva e prevaricatrice di fronte a un dramma sperimentato in prima persona: i rastrellamenti dei traditori protestanti avrebbero avuto lo scopo di eliminare la memoria dell’accaduto e riaffermare la solidità del regime, ma l’umanità bruciante dei protagonisti tiene vivo non solo il ricordo, ma anche il desiderio di una giustizia che ben presto ci si accorge di aver riposto negli ideali sbagliati. Commovente riflessione sul significato di giusto e sbagliato, Dear Comrades è anche recitato in maniera eccelsa dall’attrice Julia Visotskaya, che con l’intensità dei suoi sguardi ci mostra un conflitto interiore tra i più intensi visti negli ultimi anni.
    3. Nomadland di Chloé Zhao.La Nomadland (“terra nomade”, letteralmente) di Frances McDormand e Chloé Zhao è una terra sempre straniera e lì in attesa di essere esplorata, con una casa mobile e il desiderio di conoscere la varia umanità che si presenta durante il cammino. E se Fern, la protagonista in viaggio a causa di un lutto dolorosissimo, si aggira per gli spazi vuoti del deserto americano, pienissimo e desideroso di compagnia è il suo cuore, troppo abituato alla riattualizzazione di una memoria ormai passata per focalizzarsi sul presente. All’esplorazione della geografia fisica si affianca dunque un viaggio esistenziale negli spazi del proprio io, alla ricerca di un approdo nella realtà che permetta una nuova ripartenza, che dia una nuova prospettiva sul passato e una nuova speranza sul futuro. Delicatissima e intensa l’interpretazione dell’attrice, che con i suoi occhi malinconici ma ben attenti regge le due ore di film, prendendo per mano lo spettatore e accompagnandolo per un viaggio che somiglia tanto a quello della vita.

Beppe Musicco

  1. Dear Comrades di Andreij Konchalovskij. L’anziano regista russo non ha paura di rovistare nella storia sovietica per riportare alla luce episodi che dimostrano come il “Paradiso dei lavoratori” era tale solo nella propaganda. La repressione delle legittime richieste degli operai (fondamentalmente, avere di che sfamarsi) sparando dai tetti coi cecchini è resa visivamente in modo da far sentire lo spettatore coinvolto nei fatti, anche attraverso l’uso del bianco e nero e di un formato televisivo dell’immagine. Un esempio di grande maestria.
  2. Quo vadis, Aida? di Jasmila Žbanić. La vicenda del massacro di Sebrenica del 1995 è una ferita aperta nel cuore dell’Europa, resa ancora più dolorosa dall’ignavia dei vertici dell’ONU, che lasciarono impotenti i soldati sul campo ad assistere all’esecuzione dei civili bosniaci ad opera dell’esercito serbo. La scelta di far vedere tutto attraverso gli occhi di Aida, interprete tra i soldati ONU, i rappresentanti della città e l’esercito capeggiato da Ratko Mladic. La straziante vicenda umana di una donna costretta a partecipare a tutto senza poter fare niente per salvare nessuno.
  3. Sun Children di Majid Majidi. Il cinema iraniano dimostra ancora una volta le sue doti di narratore di storie di grande respiro. I ragazzi di strada che si iscrivono a scuola con il segreto scopo di cercare un tesoro nascosto sotto l’edificio, ma che lì trovano un’inaspettata accoglienza e degli adulti che, per la prima volta, non vogliono sfruttarli ma aiutare, sono un vero spettacolo di recitazione e di umanità, in una vicenda anche ricca di momenti di suspense.

 

Nella foto: un’immagine da Quo vadis, Aida? di Jasmila Žbanić