L’incipit è memorabile, due partigiani si aggirano nella nebbie delle Langhe e si imbattono in una villa. Uno dei due, Milton (Luca Marinelli) riconosce quella villa ormai chiusa, in quel luogo un anno  prima era stato felice con l’amico Giorgio: in quel luogo, soprattutto, si era innamorato di una ragazza, Fulvia. Milton incontra la custode che lo riconosce; mentre i due attraversano la villa deserta lei insinua il dubbio che Giorgio, forse, ha avuto una storia con Fulvia. Per Milton tutto si ferma: la lotta partigiana, le amicizie, la guerra… Ossessionato dalla gelosia, conta solo una cosa: ed è una “questione privata”. Per il protagonista allora inizia la ricerca di Giorgio, anche lui partigiano: una folle ricerca tra le nebbie delle Langhe in tutti i campi dei partigiani, fino a quando scopre che l’amico è stato fatto prigioniero dei fascisti…

I fratelli Taviani, passati gli ottant’anni e dopo più di mezzo secolo di carriera, non hanno perso né forza né vitalità e hanno realizzato negli ultimi anni un capolavoro come Cesare deve morire (Od’oro a Berlino), messa in scena in un carcere del Giulio Cesare di Shakespeare, nel 2012; a quello è seguito l’ambizioso Meraviglioso Boccaccio tratto dal Decameron nel 2015 e ora Una questione privata tratto dall’omonimo romanzo di Beppe Fenoglio. Shakespeare, Boccaccio, prima ancora Goethe, Tolstoj e Pirandello, e ora Fenoglio. I due registi pisani sono esperti in adattamenti letterari, scrivono e dirigono assieme (tranne in questo film, diretto solo da Paolo a causa della malattia di Vittorio ma firmato comunque da entrambi) e rimangono tra i più colti, energici e vitali autori del cinema italiano contemporaneo. In quest’opera i due scelgono una narrazione dal passo lento: i fatti che accadono sono molti ma sembrano tutti perdere progressivamente importanza; ogni personaggio, gesto, battuta e sguardo partecipa del viaggio, della sofferenza di Milton. Il protagonista infatti ha perso ogni contatto con la realtà, con la guerra, con le amicizie… Infatti ogni avvenimento, ogni gesto sembra avere importanza nella singola scena per poi non avere alcuna importanza nell’insieme (l’incontro con i genitori, il prigioniero fascista batterista jazz), come in un sogno. Lo spettatore quindi non capisce bene dove lo stia portando il film, è perso in un’atmosfera onirica e nel viaggio del protagonista senza fine e senza speranza. A portare a quest’effetto è lo straordinario tono figurativo degli autori (fotografia di Simone Zampagni), un presente dagli spazi nascosti in quanto coperti dalla nebbia, un passato più sereno che emerge nei flashback sempre introdotti da un leitmotiv musicale (Over the rainbow, canzone de Il Mago di Oz, a sottolineare il tono sognante del tutto); passato e presente spezzati da sequenze di forte rigore figurativo come quella della fucilazione del ragazzino, che ricorda dipinti dei pittori macchiaioli come “In vedetta” di Fattori. Notevole è il contributo dato dall’interpretazione di Luca Marinelli come Milton, «brutto ma con dei begli occhi», con uno sguardo denso che fa il personaggio: Marinelli, consacratosi nelle stagioni 2015-2017 con Non essere cattivo, Lo chiamavano Jeeg robot  e Lasciati andare, può aggiungere anche Una questione privata tra i suoi migliori lavori.

Tra un presente incerto e un passato lontano, Una questione privata è potente nel descrivere un uomo che, accecato da un accadimento privato, perde il contatto con la realtà; e non è mai didascalico nell’esprimere una morale, ma chiede allo spettatore di trarre lui le conclusioni. Il film nel finale si distacca dal libro: dove Fenoglio troncava senza esplicitare il destino di Milton, i Taviani chiudono con uno spiraglio di speranza e un’affermazione di vita.

Riccardo Corpeni