Sequel fotocopia di un primo episodio non proprio memorabile. Il regista Todd Phillips (Starsky & Hutch) cerca di bissare il successo del primo film semplicemente cambiando ambientazione e spostando le vicende ad alto tasso alcolico di Galifianakis e compagni dalle luci di Las Vegas ad una malsana e ambigua Bangkok. La cornice narrativa è la stessa, così come l'idea semplicissima del soggetto del primo episodio: tre amici si svegliano dopo una notte di bagordi di cui non si ricordano nulla. Poco davvero di nuovo e di divertente da registrare. Senza dubbio la cosa migliore del film è la performance di Zach Galifianakis, eccentrico, corpulento ma anche capace di strappare in più di un momento la risata e in generale il feeling tra i tre attori è consolidato. Per il resto, il film è narrativamente assai debole, essendo poco più che una giustapposizione di gag più o meno riuscite e slegate tra loro. Le foto prima dei titoli di coda rappresentano la gag più divertente, se non altro per le circostanze assurde in cui si trovano coinvolti i protagonisti ed era la cosa migliore anche del film di partenza: i colpi di scena sono imprevedibili ma mai giustificati con la narrazione e per nulla verosimili; i caratteri dei personaggi, tra cui si segnala un cammeo un po' piatto di Paul Giamatti, sono sempre sopra le righe, sin troppo. Il registro è quello bassissimo, della commedia popolare e “di pancia” che in Italia, dai cinepanettoni indietro fino ai film con Alvaro Vitali e Lino Banfi, conosciamo sin troppo bene e l'effetto che suscita è strano almeno per chi ha amato certo cinema di serie Z del passato. Il film, infatti, è un Pierino dimezzato, confezionato lussuosamente senza la presenza di una Guida, Fenech o Rizzoli. Anzi, nel film ci sarà pure una brutta sorpresa su questo versante. Si punta cioè sulla risata grassa giocando le solite carte: sesso, gli animali (presenza inflazionatissima e sempre più irritante nella commedia americana) e volgarità diffuse, spesso combinate tra loro, ma il racconto è poco coeso e la volgarità, come invece in certi film dei fratelli Farrelly e di Judd Apatow, non è funzionale a nulla ma autoreferenziale. E alla fine soltanto triste. ,Simone Fortunato