e ubriacarsi. Uno si chiama Bobby Long, e un tempo era uno stimato docente universitario di letteratura inglese. È stupendamente interpretato da un John Travolta con l’aspetto di un settantenne: capelli bianchi, barba lunga, probabilmente che emana afrore d’alcol e di fumo. Con lui Lawson Pines (Gabriel Macht), un ex studente del professor Long, convinto che questi sia un genio, e che lo ha seguito nella lenta discesa all’inferno. I due passano la giornata con la sigaretta e il bicchiere in mano su vecchi divani sfondati, circondati da libri, sparandosi addosso citazioni letterarie e senza combinare alcunché, anche se Bobby Long ha un romanzo e un libro di memorie che aspettano ormai da anni di vedere la parola fine.
Questo trantran, che ai protagonisti sembra più che soddisfacente, potrebbe andare avanti fino alla consunzione dei due, se non fosse che una loro ex coinquilina muore, e (anche se troppo tardi per il funerale) compare la figlia di lei, Pursy (Scarlett Johansson). La ragazza è una diciottenne sospettosa, che presto si dimostrerà comunque la più matura del terzetto. I due le dicono che la madre le ha lasciato un terzo della casa, che non è del tutto vero, ma che basta a far sì che lei si trasferisca stabilmente, diventando al contempo la bambina (Pursy ha interrotto gli studi) e l’adulto della “famiglia”.
Ovviamente questo arrivo inaspettato è foriero di novità, che il film lascia intuire e che conferma nel suo sviluppo, ma questo non è necessariamente un male. Perché Una canzone per Bobby Long, più che un film basato su una storia, decide di appoggiarsi soprattutto sui personaggi, scegliendo un ritmo lento che dia spazio alla cultura letteraria dei protagonisti, rendendo i dialoghi piacevoli e (cosa non frequente in un film americano) anche di una certa profondità. John Travolta (smentendo chi lo ha giudicato inadatto a ruoli drammatici) è perfetto nel ruolo, al punto da sembrare assolutamente credibile che uno studente possa piantare tutto per seguire un docente in una New Orleans nebbiosa e malinconica senza concludere niente.
La presenza di Pursy, che non giudica ma è comunque una presenza, smuove l’equilibrio dato dall’alcol e il controllo dei due sulla situazione, al punto da obbligarli a guardare seriamente nella propria esistenza. E a quel punto qualcuno deve cominciare a restituire qualcosa.
Beppe Musicco