Stéphane è una donna modesta e schiva che casualmente si ritrova a conoscere un padre ormai creduto perduto e la sua inquietante e ricchissima famiglia. Desiderosa di trovare il suo posto nel mondo, si insinua lentamente nella quotidianità del nucleo, frequentando sempre più spesso la loro enorme villa al mare e infiltrandosi nelle piaghe – fin troppo infette e malsane – dei loro affari famigliari e non solo.

Sébastien Marnier gioca al massacro con gli stereotipi famigliari nel suo Un vizio di famiglia, ribaltando i ruoli tradizionali e gettando giù dal suo altissimo e dorato trono la figura del padre, qui individuata come l’origine del male – e L’origin du mal è infatti il titolo francese – e perciò destinata a perire per la sopravvivenza di tutti gli altri componenti della famiglia; partendo dal presupposto di una sorellanza unita e sollevatasi contro il potere maschio, il regista francese mette in scena la malvagità nelle sue forme più infide, costruendo personaggi-macchietta dediti alla manipolazione e alla menzogna: dalla moglie Louise, accumulatrice seriale dedita all’alcool, alla figlia George, tornata dall’Australia con una figlia adolescente con il solo obiettivo di appropriarsi dell’azienda del padre malato. Inizialmente candida e apparentemente priva di malizia, anche Stéphane si fa coinvolgere nella fiera delle vanità messa in scena in Un vizio di famiglia, che terminerà nel più banale e prevedibile dei modi, buttando al vento anche le intuizioni da dark comedy più interessanti che costellano l’intera durata del film.

L’istituzione della famiglia non ne esce bene e sembra non esserci alcuna salvezza neanche per l’intera specie degli esseri umani, neppure per quelle donne così tanto desiderose di amore, eppure così incapaci di provarne in modo spontaneo e disinteressato; a salvarsi dal cinismo e da un grottesco che talvolta rischia di cadere nel ridicolo è di certo Laure Calamy (da Chiami il mio agente a A tempo pieno ormai talento inarrestabile), la cui interpretazione incarna perfettamente i precari equilibri di ironia e caricatura, trasformando la sua persona nell’emblema di una disperazione sociale senza redenzione.

Letizia Cilea

Clicca qui per rimanere aggiornato sulle nuove uscite al cinema

Clicca qui per iscriverti alla newsletter di Sentieri del cinema