Presentato al Festival di Venezia 2016 casualmente a pochi giorni dal tentato colpo di Stato in Turchia, la commedia travestita da documentario (o meglio mockumentary) di Bronsen e Woodworth riesce nella difficile impresa di unire in un road movie dinamico e incalzante una notevole comicità e un’altrettanta capacità di riflessione. I personaggi della corte belga, ritratti con un gusto per il surreale che non impedisce di creare una grande empatia, quello del documentarista d’assalto semifallito che si lascia ingaggiare per il rilancio di immagine di un sovrano dall’aria triste e poi non perde l’occasione di dare una sterzata imprevista al suo lavoro su commissione, così come l’ex comandante militare dal grilletto facile e i paesani dal cuore d’oro: sono solo alcuni dei caratteri, sempre ai limiti dell’eccesso, che costellano un racconto decisamente dinamico.

Le disavventure del sovrano che, deciso a tornare in patria per evitare la scissione della Vallonia, sfida sia la tempesta solare che ha messo fuori gioco telefonini e aerei che le autorità turche che rifiutano di fargli fare il viaggio via terra, sono l’occasione per decostruire la freddezza del protagonista, smontare le convenzioni della sua “squadra” e per ridare a quest’uomo solitario e un po’ triste la voglia di agire ed essere felice. Nel frattempo il viaggio, spassoso e surreale, consente ai due autori di affrontare le contraddizioni di un’Europa tutt’altro che unita, sfiorando con leggerezza, ma non senza serietà le ferite aperte dei paesi balcanici, ma senza tralasciare di lanciare pesanti strali anche agli stati “centrali”, che sono incapaci di trovare un punto di incontro persino al loro interno..

Un film inaspettato e godibile che strizza l’occhio a un pubblico curioso regalando, sul filo del rasoio, anche momenti di verità e commozione.

 

Luisa Cotta Ramosino